FederVita Emilia Romagna sulla RU486
di Redazione
Le donne e gli uomini, volontari e cuore di FederVita Emilia Romagna, esprimono il proprio rammarico per le ultime disposizioni regionali sull’applicazione della legge sull’aborto. Ancora una volta non viene posta adeguata attenzione alla donna che ricorre alla legge 194/78. Nessun percorso viene individuato per aiutare ad eliminare le cause (parte importantissima e inapplicata della legge stessa, proprio in quella si prevede l’ausilio del terzo settore) solamente tanta premura di eliminare ‘il problema’ il più velocemente possibile, addirittura nella propria casa.
Le volontarie e i volontari dei Centri Aiuto alla Vita, in più di quarant’anni hanno accolto e accompagnato donne in grande difficoltà, sono stati vicino anche a quelle che ritornano con un vuoto incolmabile nel cuore. Sanno molto bene che l’accoglienza totale, l’ascolto discreto, l’amicizia sincera, l’assenza di giudizio sono le uniche cose che servono. Alleviano la solitudine, aiutano a risolvere i problemi. Invece per quelle strutture nate in aiuto alle famiglie, i Consultori, non ci sono indicazioni in tal senso: non arriverà nessuno sguardo alla persona, nessuna accoglienza, nessun percorso alternativo alla drastica scelta. Solo efficienza.
Angela Fabbri, coordinatrice formazione volontari di FederVita Emilia Romagna, dichiara: “La legge 194\78 e quella della nostra Regione n. 27 del 14\08\89, dopo aver esordito anche con “norme per la tutela della maternità …”, dettano in maniera chiara l’aspetto della prevenzione dell’aborto. Esplicitano la necessità di ascolto delle motivazioni che portano la donna a tale scelta e la successiva proposta di aiuti che possano favorire il superamento del traumatico evento; il tutto in un clima di riservatezza e di assoluto rispetto per qualunque scelta finale. Ma, dalle mamme che arrivano a noi volontari dei Centri di aiuto alla vita territoriali e dagli incontri con gli operatori dei Consultori locali, ci risulta che non viene mai dedicato tempo all’ascolto e tanto meno alle proposte che potrebbero favorire l’accoglienza di quel figlio. Solitudine emotiva, psicologica e fisica; esattamente quello che dicono tante donne “ero sola”. Specifichiamo che le donne e gli uomini, volontari che operano nei Centri di Aiuto alla Vita territoriali sono ben preparati e costituiscono una di quelle risorse del Terzo settore della cui collaborazione dovrebbero avvalersi gli operatori pubblici, come previsto dalle normative vigenti”.
“Ho letto con attenzione tutto il pdf sulle nuove disposizioni regionali in materia di RU486.-interviene Anna Lisa Celestini, presidente del CAV di Faenza- A parte l’uso del termine ‘prodotto del concepimento’ che si continua ad usare nello stesso ambiente (sanitario) in cui si parla di paziente (pediatria, anche prima del concepimento), per cui si rivela una certa schizofrenia, mi chiedo se alle donne viene detto che ci può essere shock settico, o è una informazione solo per i medici? Viene fatto firmare il consenso informato, ma ci si premura che tutte abbiano capito? E mi chiedo anche che tipo di vicinanza e aiuto si dà se il numero telefonico dedicato è disponibile solo nelle ore diurne dei giorni feriali! Dovrebbe essere attivo 24h: si costringe dunque la donna che ha scelto la riservatezza ad andare comunque al Pronto Soccorso di notte o nei festivi. Una incongruenza notevole che esprime da sola l’idea che sta alla base di questa pratica”.