EFFETTI DELL’INQUINAMENTO SULLA SALUTE DEI NASCITURI

Riportiamo il testo integrale dell’intervento del Dott. Alberto Virgolino – Presidente A.I.G.O.C., in occasione della Conferenza “Ecologia integrale: un servizio alla vita”,  promossa dal Movimento per la Vita di Rieti,  il 28 Settembre 2024.

di Alberto Virgolino

La tutela dell’ambiente acquista tutta la sua piena valenza quando viene preso dovutamente in considerazione, in primis, l’essere umano nella sua fase di vita più fragile, dal suo concepimento alla nascita. Proprio sul tempo della vita prenatale fino al secondo anno di vita, “i primi mille giorni”, è stata condotta una ricerca da parte di un gruppo di lavoro italiano: “Ambiente e primi 1000 giorni”, secondo un progetto esecutivo del programma Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (CCM). Il 18/10/2021 è stato presentato il Documento dal titolo: Inquinamento atmosferico e salute. Le proposte delle società scientifiche pediatriche e del gruppo di lavoro ‘Ambiente e primi 1000 giorni’ per migliorare la salute dei bambini e delle famigliefirmato dalle società scientifiche e associazioni in ambito pediatrico e neonatologico e dal gruppo di lavoro “Ambiente e primi mille giorni” finalizzato a tutelare la salute dei bambini e delle famiglie.

Ecco, in modo sintetico, quanto elaborato dal gruppo di lavoro suddetto, mediante la revisione sistematica della letteratura scientifica internazionale prodotta negli ultimi 30 anni circa, dal 1990 al 2020, sugli inquinanti atmosferici. Si farà un breve cenno anche agli altri fattori ambientali (es. la temperatura), inquinanti del suolo, dell’acqua ed inquinamento acustico che possono determinare effetti negativi sui nascituri e sui neonati. 

Inquinamento “outdoor” ed effetti sulla salute

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2016 circa 4,2 milioni di decessi prematuri a livello globale sono collegati all’inquinamento ambientale dell’aria, e sono principalmente dovuti a malattie cardiache, ictus, malattia polmonare ostruttiva cronica, cancro ai polmoni e infezioni respiratorie acute nei bambini. In particolare, secondo l’OMS, l’inquinamento atmosferico mondiale è responsabile del 29% di tutti i decessi per cancro ai polmoni, 17% di tutti i decessi per malattie da infezione acuta delle vie respiratorie inferiori, 24% di tutti i decessi per ictus, 25% di tutti i decessi per malattie da cardiopatia ischemica, 43% di tutti i decessi per malattia polmonare ostruttiva cronica.

Le principali fonti di inquinamento sono il traffico veicolare e, in inverno, il riscaldamento domestico (specie quando vengono impiegati gasolio o biomasse). A questo si aggiungono le emissioni di tipo industriale.

Da queste fonti vengono emesse polveri, generalmente distinte in classi dimensionali corrispondenti alla capacità di penetrazione nelle vie respiratorie:

  • PM10 – particolato formato da particelle con diametro minore di 10 µm, che è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso, faringe e laringe)
  • 5 – particolato fine con diametro fino a 2.5 µm, in grado di penetrare nel tratto respiratorio inferiore (polmoni, bronchi, bronchioli), arrivando fino agli alveoli polmonari.

In Italia, come in altri paesi europei, l’introduzione di limiti di legge negli ultimi decenni ha permesso di registrare una progressiva riduzione delle emissioni e quindi delle concentrazioni degli inquinanti (SO2, monossido di carbonio, benzene). Tuttavia, ogni anno si registrano in gran parte delle aree urbane superamenti dei limiti di legge, specialmente per le polveri (PM10 e PM2.5) e per l’ozono.

Valori limite del particolato sono stati abbassati progressivamente negli ultimi 15 anni:

PM10: 50 μg/m³ valore giornaliero da non superare più di 35 volte/anno (Direttiva 2008/50/CE e D.Lgs 155/2010) ;

             OMS, 24.05.2023: media giornaliera 45mcg/m3

PM2.5: 25 μg/m³ valore annuo (Direttiva 2008/50/CE e D.Lgs 155/2010);

             OMS, 24.05.2023: media giornaliera 15mcg/m3; media annua 5mcg/m3

Inquinamento “indoor”

Il fumo di tabacco è una fonte di inquinamento all’interno delle nostre case, ma non è certo l’unica. In casa, come più in generale nei luoghi chiusi, quali scuole, palestre, uffici, è possibile trovare inquinanti presenti nell’aria esterna depositati nella polvere. Inoltre, disinfettanti, detersivi, conservanti, plasticizzanti, colle possono contenere agenti inquinanti; allo stesso modo attività semplici come cuocere il cibo, riscaldare, illuminare o pulire le nostre case possono contribuire a quello che definiamo inquinamento indoor.

Inquinamento: quali gli effetti a livello epigenetico?

Il periodo dal concepimento ai primi anni di vita è un lasso di tempo estremamente importante caratterizzato da crescita accelerata e plasticità dello sviluppo.  Le prove epidemiologiche sulle esposizioni durante questo periodo hanno condotto alla formulazione dell’ipotesi di Barker, ora chiamata Developmental Origins of Health and Disease (DOHAD), secondo la quale le risposte di adattamento del feto alle esposizioni avverse potrebbero aumentare il rischio delle malattie respiratorie, cardiovascolari, ecc.

Dati sempre più numerosi collegano l’esposizione agli inquinanti atmosferici a esiti avversi alla nascita, oltre ad effetti sul futuro sviluppo neurologico, la funzione respiratoria e la predisposizione dei bambini alle malattie metaboliche. Il meccanismo biologico che sta alla base di queste osservazioni non è ancora ben chiaro, ma potrebbe includere azioni anche a livello del corredo genetico degli individui (il DNA), senza mutarne la sequenza originale ma modificandone la struttura chimica e di conseguenza l’attività.

Queste modificazioni sono dette epigenetiche*

*Epigenetica

L’epigenetica (che alla parola “genetica” aggiunge il prefisso epi, dal greco epí che significa “sopra”) è una recente branca della genetica che studia il modo in cui i geni si esprimono nelle varie cellule e tessuti. La trascrizione è infatti il meccanismo attraverso il quale le informazioni contenute nella lunga molecola di DNA possono essere trasformate in funzioni specifiche.

L’epigenoma è l’insieme di “note” ed “etichette” presente sulla sequenza del DNA (il “manuale di istruzioni”) che indica a ogni cellula le informazioni necessarie per variare l’espressione dei suoi geni, senza mutare la sequenza originale del DNA. La genetica sta alla scrittura, come l’epigenetica sta alla lettura. In altre parole, l’epigenetica è lo studio dei cambiamenti nell’espressione dei geni che non sono causati da modifiche nella sequenza del DNA. L’epigenoma è governato da fattori sia genetici sia ambientali, che lo rendono altamente dinamico e complesso.

L’epigenoma è in gran parte svincolato dall’eredità genetica: tutte le “note” ed “etichette” epigenetiche dei genitori vengono cancellate dal DNA del bambino al momento del concepimento. Le cellule del nuovo organismo, a partire dal concepimento, creano nuove “note” ed “etichette” epigenetiche che vengono memorizzate e trasmesse alle cellule figlie durante la replicazione cellulare per mantenere la propria funzione.

Sebbene la maggior parte dell’epigenoma sia creato durante l’inizio della vita fetale (per fornire alle cellule le istruzioni necessarie alla creazione e allo sviluppo dell’organismo; è il sistema che consente il “cross-talk” tra madre e figlio concepito nel suo viaggio dalla tuba all’utero materno e ne regola l’impianto con la relativa placentazione), esso non è un sistema “statico”, ma piuttosto dinamico che cambia nel tempo e subisce l’influenza dell’ambiente in cui è immerso. Quest’ultima caratteristica è importante perché significa che studiando le “note” ed “etichette” epigenetiche nelle popolazioni possiamo studiare le loro esposizioni e i segni che il tempo e lo spazio hanno lasciato nelle cellule così come i meccanismi che hanno usato per adattarsi all’ambiente di vita.

Inquinamento, metilazione del DNA* e lunghezza dei telomeri**

Tra le modificazioni dette epigenetiche si evidenziano i cambiamenti nella metilazione del DNA. Si è infatti osservato che la metilazione del DNA è un processo dinamico che ha inizio dalla fase fetale e continua durante l’infanzia e che alcuni fattori ambientali contribuiscono al suo modellamento. Un altro biomarcatore, oltre alla metilazione del DNA, che potrebbe avere particolare interesse è la lunghezza dei telomeri, cioè la parte di DNA localizzata alla fine di ogni cromosoma. Anche la lunghezza dei telomeri dipende da determinanti genetici e ambientali. Pertanto, la metilazione del DNA o la lunghezza dei telomeri possono servire da surrogato per valutare l’esposizione ambientale prenatale agli inquinanti atmosferici a livello di popolazione. Poiché sono influenzati da numerosissimi fattori, non forniscono invece informazioni sull’esposizione a livello individuale.

*Metilazione del DNA

Il meccanismo epigenetico più studiato è la metilazione del DNA. Questo processo biomolecolare è uno dei modi in cui l’attività genica viene regolata nel corso della vita, specialmente durante lo sviluppo iniziale. I gruppi metilici sono come “note” ed “etichette” che si attaccano in siti specifici del DNA e quando agiscono in particolari zone del gene hanno la possibilità di modificarne la trascrizione (il meccanismo attraverso il quale le informazioni contenute nella lunga molecola di DNA possono essere trasformate in funzioni specifiche). Attraverso il meccanismo della metilazione, lo stesso gene, per esempio, può essere non-espresso quando è metilato (o “silenziato”) o espresso quando è non-metilato (o “aperto per la trascrizione”), senza cambiamenti nella sequenza di DNA. In altre parole, un gene può essere acceso o spento come un interruttore, in base al suo stato di metilazione. Lo stato di metilazione del DNA può essere diverso da tessuto a tessuto e da un tipo cellulare all’altro, ma è sensibile a esposizioni ambientali e può quindi essere utilizzato come possibile biomarcatore dell’esposizione ambientale complessiva di una popolazione.

**Lunghezza dei telomeri

I telomeri, complessi nucleoproteici localizzati alla fine di ogni cromosoma, svolgono un ruolo protettivo che consiste nel prevenire l’instabilità genomica e assicurare la completa replica cromosomica. L’utilità dei telomeri viene spiegata dalla scienziata premio Nobel Elizabeth Blackburn con un’efficace metafora: “i telomeri hanno la stessa funzione dei cilindretti di plastica alle estremità dei lacci da scarpe: proteggono il ‘laccio’ a doppia elica del DNA e gli impediscono di sfilacciarsi durante momenti delicati e instabili come le divisioni cellulari”.
Teniamo presente che le nostre cellule continuano a dividersi, rinnovando organi e tessuti; in questo processo, al quale partecipano, i telomeri subiscono un accorciamento progressivo, fino al punto in cui non riescono più a svolgere la funzione protettiva nei confronti dei cromosomi. Questo impedisce la loro replicazione indefinita e spegne la cellula quando non sia più in grado di fornire protezione cromosomica. La lunghezza dei telomeri dipende dalle caratteristiche genetiche, è maggiore nelle femmine che nei maschi, è inversamente correlata all’età ed è altamente variabile tra gli individui della stessa età. Le variazioni nella lunghezza dei telomeri tra gli adulti sembrano essere in larga misura attribuite a determinanti genetici e ambientali che iniziano il loro effetto già nella fase intrauterina della nostra vita. La sensibilità dei telomeri allo stress e alle esposizioni avverse, li rende un possibile biomarcatore dell’esposizione complessiva di una popolazione al contesto ambientale e di vita in cui è immersa.

Inquinamento atmosferico ed effetti sui marcatori epigenetici

Per valutare il ruolo della metilazione del DNA e della lunghezza dei telomeri, misurati alla nascita o nell’infanzia, quali indicatori di esposizione all’inquinamento atmosferico nei primi 1000 giorni di vita del bambino, è stata eseguita una ricerca sistematica su PubMed tramite parole chiave legate all’esposizione a inquinamento atmosferico, ai biomarcatori in questione (metilazione del DNA e lunghezza dei telomeri) e alla popolazione di interesse (madri in gravidanza e bambini), limitandosi agli studi sull’uomo ed escludendo gli studi basati sulla sperimentazione animale.  La ricerca degli articoli è aggiornata a ottobre 2020.

Risultati Principali

Sono stati dunque identificati quattro filoni di ricerca.

  • La maggior parte dei 10 studi che hanno misurato la metilazione globale, quindi la quantità complessiva di metilazione lungo l’intero genoma, ha riscontrato un’associazione inversa tra i livelli di esposizione all’inquinamento atmosferico e la metilazione.
  • Gli studi (12 in totale) focalizzati suspecifici geni candidati hanno riportato associazioni tra l’esposizione a inquinamento atmosferico e la metilazione (solitamente aumentata) in diversi geni legati alla funzione respiratoria, alla riparazione del DNA, allo sviluppo placentare, alla crescita e al ritmo circadiano. Questi risultati, tuttavia, sono stati osservati in un solo studio senza ulteriori replicazioni.
  • Otto studi hanno preso in esame migliaia di siti di metilazione nell’intero genoma senza avere ipotesi a priori su possibili geni candidati, i cosiddetti epigenome-wide association studies(EWAS). I due studi più grandi hanno condiviso i dati EWAS di diverse coorti europee e statunitensi per analizzare insieme l’associazione tra inquinamento atmosferico (in particolare a NO2, PM10, PM2,5) e oltre 450mila siti di metilazione del DNA. Hanno individuato una relazione tra esposizione a inquinamento atmosferico e diversi siti di metilazione del DNA associati all’asma e alla funzione respiratoria, geni legati alla respirazione cellulare, al controllo del ciclo cellulare e allo sviluppo precoce
  • I sette studi sullalunghezza dei telomeri, infine, hanno individuano prevalentemente telomeri più corti nei bambini maggiormente esposti all’inquinamento atmosferico, suggerendo che la lunghezza dei telomeri possa essere un potenziale biomarcatore dell’esposizione.

Gli effetti dell’inquinamento sulla salute del feto e del neonato

Una delle cause più ampiamente e da tempo studiate è l’effetto dell’esposizione a fumo passivo soprattutto materno durante la gravidanza. Tuttavia, negli ultimi anni si sono accumulate evidenze anche sugli effetti negativi sulla salute riproduttiva dell’inquinamento atmosferico e più in generale ambientale.

 L’esposizione precoce agli inquinanti ambientali, indoor (es. fumo di tabacco) e outdoor (es. inquinanti atmosferici), è maggiormente pericolosa nella vita prenatale essendo più rapida la crescita e lo sviluppo degli organi, la loro immaturità che li rende più vulnerabili, e il maggior rischio di assorbimento degli elementi tossici rispetto al peso corporeo del bambino.

 Bisogna considerare, oltre i danni diretti al feto (malformazioni congenite che sono causa anche di mortalità perinatale), anche quelli conseguenti agli effetti degli stessi inquinanti sulla salute della madre in gravidanza e sulla placenta: ipertensione in gravidanza e pre-eclampsia, parto pretermine (< 37 sett.), basso peso alla nascita (< 2.500 gr.) o basso peso rispetto all’età gestazionale (SGA), cause importanti di mortalità non solo in epoca neonatale ma anche nei primi 5 anni di vita e di morbilità anche in epoche successive; mortalità fetale (< 28 sett.).

Fumo di sigaretta: effetti sulla salute

I rischi per la salute associati a derivanti dal fumo di tabacco sono ben noti, tuttavia l’abitudine al fumo di sigaretta è ancora oggi tra i fattori di rischio più diffusi e preoccupanti in quanto causa di importanti malattie croniche prevenibili quali broncopneumopatia cronica, tumore polmonare, cardiopatia ischemica e molte altre.  Per questo motivo si raccomanda di non fumare: una raccomandazione importante soprattutto quando rivolta alle coppie che decidono di avere un figlio. Sappiamo, infatti, che il fumo di tabacco, espone a rischi non solo i genitori ma anche il feto e rappresenta quindi un pericolo per la salute del bambino fin dal periodo pre-concezionale. Per l’esposizione dopo la nascita gli effetti sono maggiori per i bambini quanto più piccoli sono.

Il fumo di sigaretta contiene oltre 7000 sostanze chimiche, molte delle quali dannose.

Contiene infatti composti chimici cancerogeni come la formaldeide, il benzene, il polonio radioattivo, il PVC; metalli tossici come il cromo, l’arsenico, il piombo, il cadmio; gas velenosi quali il monossido di carbonio, l’ammoniaca, il cianuro, il butano e il toluene.
Una volta inalati, questi composti arrivano rapidamente dai polmoni al sangue e a tutti i tessuti, e passata la placenta anche nel feto.

Il fumo è dannoso non solo per chi fuma direttamente, ma anche per chi respira l’aria dove altre persone fumano o hanno fumato (fumo passivo, “di seconda mano”, o ambientale). Inoltre, le sostanze tossiche si depositano anche su vestiti, pelle, tappezzerie e tappeti, mobili, ecc. (fumo di “terza mano”), dove vengono assorbite anche per via gastrointestinale e attraverso la pelle. Questo è particolarmente pericoloso per i bambini piccoli!

Il fumo fa male sia alle donne che agli uomini che cercano di diventare genitori.

Il fumo riduce la probabilità di rimanere incinta: le sostanze chimiche presenti nel fumo interferiscono con il funzionamento delle tube, e questo può diminuire la fertilità e aumentare il rischio di complicazioni della gravidanza.

Per quanto riguarda gli uomini, è stato dimostrato che il fumo può causare un danno del DNA degli spermatozoi, con una diminuzione della fertilità e un aumento di malformazioni e aborti.

Il fumo fa male ai bambini prima ancora di nascere.

Il fumo di sigaretta durante la gravidanza può causare complicanze della gravidanza (gravidanza ectopica, rottura prematura delle membrane, distacco della placenta) e aumentare il rischio di nascita pretermine.

Inoltre, la nicotina contenuta nelle sigarette diminuisce l’afflusso di sangue all’utero e alla placenta con una riduzione conseguente di sostanze nutritive al bambino; il monossido di carbonio assunto con il fumo porta invece ad una riduzione di apporto di ossigeno nella circolazione sanguigna materna e quindi del bambino.

L’esposizione del bambino a fumo passivo durante la vita intrauterina avviene per passaggio transplacentare nella circolazione fetale e può essere causa di basso peso alla nascita (evenienza frequente), ma anche di malformazioni congenite e danni ad alcuni organi del bambino nel momento del loro sviluppo quali ad esempio i bronchi e i polmoni.

Tutto ciò aumenta significativamente il rischio di mortalità perinatale.

Il fumo fa male ai bambini una volta che sono nati.

L’esposizione del bambino a fumo passivo può avvenire dopo la nascita, attraverso l’inalazione di aria inquinata da fumo di sigaretta. La casa e l’auto sono i luoghi dove i bambini sono maggiormente esposti.

Dopo la nascita, nei bambini nati da donne che hanno fumato in gravidanza si riscontra un aumento di:

  • Sindrome della morte improvvisa del neonato (SIDS)
  • Ritardo nello sviluppo neurocognitivo nell’infanzia
  • Infezioni respiratorie e in particolare otite media sierosa e otite ricorrente
  • Broncospasmo e asma bronchiale
  • Rischio di cancro (nel futuro)

Effetti degli inquinanti atmosferici sulla gravidanza, sul feto e sul neonato

Caratteristiche dello studio: revisioni sistematiche con metanalisi, nel periodo 1990-2018 (ottobre), sulla popolazione di madri/neonati (esclusi gli studi su animali) a livello mondiale, per esposizioni ad inquinanti atmosferici: particolato (PM5, PM10), monossido di carbonio (CO), anidride solforosa (SO2), monossido di azoto (NO), biossido di azoto (NO2), ozono (O3), benzene; esposizione nell’intera gravidanza.

Sintesi dei risultati

Per ciascun esito considerato riassumiamo le evidenze disponibili per l’esposizione in gravidanza a inquinanti atmosferici.

  • Nascita pretermine

Gli studi di revisione considerati coprono un periodo dal 2012 al 2018.  Gli inquinanti maggiormente studiati sono i particolati, in particolare il PM2.5 e, meno frequentemente, il PM10per ambedue gli inquinanti le metanalisi considerate sono concordi per una associazione con nascita pretermine. Gli studi che hanno considerato l’esposizione nei diversi trimestri non hanno trovato una evidenza di finestre di esposizione che comportano un maggiore rischio. Egualmente non vi sono evidenze, in questo caso per carenza di dati negli studi primari considerati, per una diversa associazione per nascita gravemente pretermine (< 32 settimane di gestazione) e nascita pretermine tout court.

Solo due revisioni sistematiche con metanalisi – una pubblicata nel 2012 e una nel 2018 – prendono in considerazione anche altri inquinanti: una associazione significativa è stata trovata per esposizione a CO, mentre per esposizione a NO2 e O3 non vi sono dati consistenti.

Alcune revisioni sistematiche senza metanalisi hanno invece considerato studi di esposizione a SO2 e hanno riportato una associazione anche per questo inquinante.

  • Peso alla nascita

I risultati per esposizione ad inquinanti e basso peso alla nascita, o diminuzione del peso alla nascita negli esposti al confronto con i non esposti sono simili a quelli per nascita pretermine: una associazione è stata riscontrata soprattutto per PM 2.5 che del resto è il più frequente inquinante studiato e, in un minor numero di studi, per SO2.

L’associazione con basso peso per età gestazionale è stata studiata solamente in due degli studi considerati: uno pubblicato nel 2012 non ha riscontrato alcuna associazione, mentre l’altro pubblicato nel 2015 ha trovato una associazione per esposizione a PM2.5.

  • Malformazioni congenite

Sono disponibili solo 2 articoli di revisione non particolarmente recenti (anni 2011 e 2014). In entrambi vengono analizzati come esiti le malformazioni cardiache, e nell’articolo più recente anche le malformazioni oro-facciali. In ambedue gli articoli è stata riscontrata una associazione tra esposizione a NO2 e coartazione dell’aorta e in uno dei due articoli anche per la stessa esposizione con tetralogia di Fallot. Per ambedue gli esiti è stata anche trovata una associazione per esposizione a SO2. Infine, uno dei due articoli ha trovato anche una associazione tra esposizione a PM10 e difetto del setto interatriale. Un articolo primario pubblicato successivamente al 2014 effettuato in Cina su una larga casistica ha confermato una associazione tra esposizione a particolati (PM2.5) con un effetto dose risposta.

  • Morte fetale

È disponibile una unica revisione sistematica con metanalisi pubblicata nel 2016 che ha trovato una associazione con esposizione a PM 2.5.  Uno studio caso controllo più recente su un’ampia casistica ha confermato l’associazione. Gli studi che hanno valutato l’esposizione ad altri inquinanti hanno fornito risultati contrastanti.

  • Disordini ipertensivi in gravidanza

Sono disponibili due sole revisioni sistematiche con metanalisi pubblicate entrambe nel 2014. Entrambe riportano una associazione tra esposizione a NO2 durante tutta la gravidanza e disordini ipertensivi e pre-eclampsia e una delle due per gli stessi esiti ed esposizione a particolato (PMe PM10).

Conclusioni

La gravidanza è un periodo vulnerabile in cui diverse esposizioni possono portare ad una molteplicità di effetti sulla madre, sul feto e sul neonato. L’effetto degli inquinanti atmosferici che, anche in questo caso, è simile a quello del fumo, è difficile da investigare proprio perché si interseca con quello di altre esposizioni e, soprattutto, di patologie materne. Sono stati proposti molti meccanismi plausibili e non dissimili da quelli ipotizzati o provati in altre epoche della vita dell’individuo e per altri danni da inquinamento, quali stress ossidativo e infiammazione. Una particolarità è che il danno è per lo più mediato da un danno alla placenta, organo centrale per la salute del feto.

Mentre sono disponibili diverse revisioni sistematiche che confermano una associazione tra esposizione a particolati e nascita pretermine, basso peso alla nascita e morte fetale, le evidenze per altri inquinanti sono meno sicure e/o si basano su un numero inferiore di studi. Fa eccezione per peso alla nascita ma anche – pur con meno evidenze – per prematurità l’esposizione a SO2.

Egualmente sembra assodata una associazione tra esposizione a inquinanti e malformazioni cardiache, in particolare per NO2 e particolato atmosferico.

Effetti dell’inquinamento atmosferico nei primi 1000 giorni di vita sullo sviluppo neuropsicologico del bambino

Lo sviluppo del sistema nervoso centrale è influenzato dall’esposizione a molteplici fattori (biologici, perinatali, ambientali, individuali) che agiscono già prima della nascita e nel primo periodo di vita. L’esposizione a inquinanti atmosferici (quali polveri sottili, ossidi di azoto, ozono, benzene) potrebbe essere particolarmente dannosa durante la prima infanzia, un periodo caratterizzato da un’elevata suscettibilità agli insulti ambientali e da uno sviluppo intensivo del sistema nervoso centrale. Obiettivo di questa revisione della letteratura è stato quello di riassumere le evidenze disponibili sugli effetti delle esposizioni precoci ad inquinanti atmosferici e il neurosviluppo del bambino nei primi anni di vita.

Caratteristiche dello studio: revisioni sistematiche su lavori scientifici internazionali prodotti nel periodo 1990-2019, per esposizioni ad inquinanti atmosferici: particolati PM5, PM10, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), monossido di carbonio (CO), anidride solforosa (SO2), monossido di azoto (NO), biossido di azoto o NO2, ozono (O3), benzene; su donne in gravidanza e primi anni di vita dei bambini; valutando gli esiti patologici del neurosviluppo: autismo e disordini dello spettro autistico, disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).

Risultati principali

Un’associazione positiva tra esposizione a inquinanti atmosferici e disordini dello spettro autistico è segnalata per un aumento di esposizione precoce al PM2.5 di 10 mcg/m3 in studi condotti negli USA (metanalisi di 3 studi) e per lo stesso aumento di esposizione al PM10 (metanalisi di 6 studi). Una meta-analisi delle coorti di nascita europee non ha trovato alcuna associazione per il tratto autistico, ma non ha studiato la diagnosi dell’autismo. Una metanalisi di 7 studi di coorte e di 5 studi caso-controllo, che includeva anche uno studio con 6 coorti europee, ha trovato un aumento del rischio non statisticamente significativo per un aumento di esposizione al PM2.5 di 10 mcg/m3 durante l’intera gravidanza. In questa stessa metanalisi, l’esposizione all’ozono durante il terzo trimestre di gravidanza e durante l’intera gravidanza era debolmente associata ai DSA, ma queste stime si basano su due soli studi. Una recente metanalisi, che ha incluso i risultati di 6 studi, ha mostrato un effetto dell’esposizione al PM2.5 sui DSA. Evidenze più deboli e supportate da un numero inferiore di studi sono disponibili per esposizione a NOdurante la gravidanza.

Nel complesso, le revisioni sistematiche degli studi sui DSA mostrano evidenze relativamente consistenti di un’associazione tra inquinamento atmosferico, in particolare esposizione prenatale al particolato, e autismo. Gli studi primari posteriori alla pubblicazione delle revisioni sistematiche identificate mostrano risultati inconsistenti.

Rispetto ad altri esiti del neurosviluppo:

  • Evidenze limitate suggeriscono una possibile associazione tra esposizione a PM2.5 e ADHD, supportate anche da studi di neurofisiologia (con risonanza magnetica); tale associazione non sempre è confermata.
  • Una recente revisione ha concluso che esistono prove sufficienti degli effetti negativi dell’esposizione pre o postnatale agli IPA sul quoziente intellettivo (QI) globale.
  • L’esposizione agli IPA è stata associata in maniera relativamente consistente alla diminuzione delle funzioni cognitive, all’aumento dei problemi comportamentali e ai cambiamenti nella struttura del cervello rilevati dalla risonanza magnetica.
  • Uno studio che ha analizzato gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla morfologia cerebrale (valutata con risonanza magnetica) ha trovato in bambini tra 6 e 10 anni un’associazione tra esposizione prenatale al PM2.5 e alterazioni strutturali della corteccia cerebrale implicata in maniera parziale nel controllo inibitorio.

Conclusioni

Ci sono evidenze crescenti in letteratura di un’associazione tra esposizione ad inquinamento atmosferico nel periodo prenatale e postnatale e alterazioni dello sviluppo neurologico del bambino. Questo dato è confermato anche nel documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Air pollution and child health: prescribing clean air” (WHO/CED/PHE/18.01, 2018) che riassume le più recenti conoscenze scientifiche sui legami tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e gli effetti nocivi per la salute dei bambini allo scopo di informare e motivare l’azione individuale e collettiva degli operatori sanitari per prevenire i danni alla salute dei bambini

Effetti e impatto dell’inquinamento atmosferico nei primi 1000 giorni di vita sulla salute respiratoria

Il sistema respiratorio è una delle principali vie di ingresso degli inquinanti atmosferici che interagiscono con sistemi di difesa quali il sistema immunitario e quello infiammatorio.

Così come per il fumo, durante la gravidanza l’esposizione a inquinamento atmosferico può danneggiare non solo la madre ma anche il feto e il suo sistema respiratorio durante le diverse fasi di sviluppo. La morfogenesi del polmone e lo sviluppo delle vie aeree iniziano a 4-7 settimane di età gestazionale e raggiungono la fase alveolare intorno alle 36 settimane di età gestazionale. L’alveolarizzazione prosegue in particolare nei primi 2-3 anni di vita e continua poi fino all’adolescenza; rispetto ad altri organi il processo di maturazione polmonare si sviluppa quindi per un periodo particolarmente lungo. È dunque biologicamente plausibile che gli effetti negativi di esposizioni avverse precoci possano avere ripercussioni a lungo termine.

Nella revisione della letteratura considerata sono state prese in considerazione due grandi tipologie di esiti: le infezioni respiratorie e l’asma bronchiale e il wheezing (broncospasmo). Quest’ultimo è uno dei sintomi cardine di asma, ma è anche, in particolare nei primissimi anni di vita, una patologia scatenata da infezioni respiratorie in soggetti che per varie ragioni (tra cui potrebbero esserci anche gli effetti di una esposizione a inquinamento) presentano vie aeree più piccole o più ‘collassabili’.

Caratteristiche dello studio: studi primari italiani ed in lingua inglese, studi prospettici di coorte o caso controllo, nel periodo 1 Gennaio 2000 – 5 Maggio 2020, ricerca su PubMed nel 2019 (per infezioni respiratorie); per esposizione ad inquinanti atmosferici compresi Ultra-Fine Particles, PM2.5, PM10, IPA (idrocarburi policiclici aromatici, noti con l’acronimo IPA, dall’inglese, polycyclic aromatic hydrocarbons), CO, SO2, NO, NO2, O3, benzene; valutazione degli esiti: wheezing, asma e infezioni respiratorie

Risultati principali

Esposizione ad inquinanti atmosferici in gravidanza e asma bronchiale/wheezing

Tutti gli studi hanno trovato un’associazione tra esposizione a particolato e a ossidi di azoto durante la gravidanza e sviluppo di asma nei primi 4-10 anni di vita.

Questi dati confermano quelli di uno studio di coorte tradizionale su una casistica meno estesa (studio ACCESS, USA, 700-800 nati) che ha studiato l’associazione tra esposizione in gravidanza a PM2.5 e NO2 e sviluppo di asma nei primi 6 anni di vita.

In 5 su 6 studi che hanno valutato se ci fossero dei periodi di particolare vulnerabilità in gravidanza è stato identificato il secondo trimestre di gravidanza.

Conclusioni

Gli studi sono numerosi e difficilmente paragonabili come metodi sia per ciò che riguarda la valutazione dell’esposizione che degli esiti.

Analogamente a quanto già si conosce per l’esposizione a fumo passivo, l’esposizione a inquinanti atmosferici sembra più importante, per quanto attiene alla salute respiratoria e in particolare allo sviluppo di asma bronchiale, durante il periodo della gravidanza.  Ciò è in linea anche con gli studi – che non sono stati considerati nelle revisioni – che mostrano una diminuzione di funzionalità polmonare e in particolare dei flussi espiratori in età scolare per esposizione a inquinanti quali nitrati, benzene e particolato durante la gravidanza.

Questi risultati sono di particolare rilevanza dal momento che l’asma bronchiale è una patologia cronica e che un alterato sviluppo del polmone nelle prime epoche della vita si traduce in una persistente diminuzione di funzionalità polmonare ed è stato recentemente associato allo sviluppo di broncopneumopatia cronica nell’adulto.

A differenza di quanto si conosce per l’esposizione a fumo passivo, l’esposizione ad inquinanti atmosferici sia in gravidanza sia nei primi due anni di vita non sembra invece essere associata a wheezing o broncospasmo nei primissimi anni di vita.

Per ciò che riguarda le infezioni respiratorie, il razionale per cui una esposizione in gravidanza o nei primi mesi di vita favorisca in modo causale lo sviluppo di infezioni è meno forte, mentre è ormai ben acclarato che un aumento di inquinamento si accompagna a infezioni acute sia delle alte che delle basse vie respiratorie nei giorni immediatamente successivi. Gli studi citati sia per esposizione in gravidanza che per esposizione postnatale non sono conclusivi per questi esiti.

La relazione tra esposizione all’inquinamento atmosferico nei primi 1000 giorni di vita e patologia della tiroide

L’esposizione ad inquinanti ambientali può influenzare la funzione tiroidea nell’uomo. Feti e neonati possono essere più vulnerabili a questi effetti perché necessitano dell’ormone tiroideo per il normale sviluppo neurologico.

Caratteristiche dello studio: revisioni sistematiche di lavori scientifici italiani ed internazionali prodotti nel periodo 1990-2019, su madri in gravidanza e bambini nei primi anni di vita, per esposizione a inquinanti atmosferici: particolato (PM5, PM10), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), monossido di carbonio (CO), anidride solforosa (SO2), monossido di azoto (NO), biossido di azoto (NO2), ozono (O3), benzene; valutazione degli esiti: ipo e ipertiroidismo.

Conclusioni

Uno studio suggerisce una possibile associazione tra esposizione a inquinanti ambientali durante la gravidanza, in particolare PM2.5, e ipotiroidismo congenito: ogni aumento di 1 mcg/m3 nell’esposizione a PM2.5 durante la gravidanza potrebbe aumentare il rischio di ipotiroidismo congenito. L’esposizione al PM2.5 durante i mesi da 3 a 7 della gravidanza e l’esposizione al PM10 durante i mesi da 1 a 8 sono stati associati a concentrazioni significativamente più elevate di tiroxina totale (TT4) in neonati pretermine.

Complessivamente quindi le evidenze disponibili sono molto limitate e non consentono di trarre

Evidenze sull’interazione tra esposizioni ambientali nei primi 1000 giorni e rischio individuale di salute in aree ad elevato inquinamento industriale

Conclusioni

Questa revisione ha mostrato evidenze di effetto dell’esposizione a metalli pesanti, in particolare piombo e mercurio, sulla riduzione dello sviluppo psicomotorio dei bambini, e di una maggiore incidenza di tumori quando si vive in prossimità di aree industriali.

In generale, però, gli effetti sulla salute in aree a elevato inquinamento industriale non sono ancora consolidati e non sempre i risultati permettono di trarre delle conclusioni valide e concordanti, sia per la bassa numerosità degli studi che affrontano il tema in questo specifico periodo di esposizione, sia perché i disegni di studio non sono sempre adeguati, sia per l’eterogeneità degli esiti trattati e delle misure d’esposizione utilizzate.

Altri fattori ambientali

Altri fattori ambientali, oltre questi inquinanti dell’aria, possono avere effetti negativi sulla salute dei nascituri.

 In una metanalisi di Bakker del 2020 (Association of air pollution and heat exposure with preterm birth, low birth and stillbirth in the USA. A sistematic review. JAMA Netw open 2020), oltre la conferma degli effetti del particolato, è stato verificato anche il rischio dell’innalzamento della temperatura ambientale sulla nascita pretermine, sul basso peso alla nascita e sulla mortalità neonatale.

L’inquinamento acustico, in particolare il rumore diurno, in uno studio condotto tra il 2001 e il 2009 sulla popolazione di donne in gravidanza di Madrid, è stato associato ad aumento dei parti pretermine e di neonati di basso peso.

L’inquinamento del suolo (fertilizzanti, diserbanti chimici, pesticidi) e dell’acqua (metalli pesanti: piombo, nichel, cadmio), viene associato sia un aumentato rischio di nascite pretermine e di bambini con basso peso alla nascita, sia a danni al sistema nervoso fetale e neonatale.

CONCLUSIONE FINALE

Per essere fino in fondo pertinente al bellissimo titolo di questo convegno: “Ecologia integrale: un servizio alla vita”, dal momento che ci sta a cuore la salute dei nascituri di oggi e di domani, non possiamo fermarci a queste sole osservazioni scientifiche sull’inquinamento ambientale. Dobbiamo infatti prendere in considerazione anche altre evidenze altrettanto scientifiche. Ci sono “inquinanti” che avvelenano letteralmente la vita prenatale, oltre a danneggiare la salute della donna, e in misura pari, se non superiore, rispetto a quelli dell’ambiente.

Si tratta di prodotti e sostanze chimiche ormonali e ad azione antagonista-ormonale, elaborate dall’uomo e sempre più largamente diffuse nelle società di tutto il mondo, non più soltanto in quelle “occidentali” e più economicamente evolute, al fine di “salvaguardare –  così dicono gli Organismi internazionali di massima autorevolezza, come l’OMS – la salute sessuale e riproduttiva della donna”.

Si chiamano: IUD (dispositivo intrauterino) detto anche “spirale” che da solo, negli oltre 120 Paesi del mondo nei quali viene utilizzato, produce ogni anno la morte di più di 344 milioni di esseri umani concepiti che non possono annidarsi nell’utero materno, dunque “criptoaborti” o “aborti nascosti”; i contraccettivi ormonali estroprogestinici in tutte le formulazioni e soprattutto le pillole del “giorno o dei 5 giorni dopo” rispettivamente a base di Levonorgestrel e di Ulipristal acetato; il Mifepristone o Ru486, definito il “pesticida umano” dal Prof. Jerome Lejeune, il primo genetista che ha scoperto la trisomia 21, Servo di Dio. Tutti questi sistemi e sostanze attentano la vita umana proprio nella sua fase iniziale, quando l’embrione è appena giunto nell’utero materno e tenta di annidarsi o si è già annidato da alcuni giorni (cfr. www.lafeconditaumana.it).

“Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo! (Matteo 15, 11)… “ ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, gli omicidi, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie.” (Matteo 15, 18-19). Da queste parole del Signore Gesù nel Vangelo di Matteo potremmo capire che l’inquinamento che rovina l’uomo non viene dall’esterno, dall’ambiente. Ma origina proprio dal “cuore” umano, quando persegue progetti egoistici contro la vita, dell’essere umano in primis, e quindi della natura in generale.

Sarebbe un grave paradosso se il mondo “Green” e i suoi promotori decisamente impegnati a realizzarlo, non tenessero conto, innanzitutto, di questo fondamentale principio del rispetto della vita umana fin dal suo concepimento. La nostra umanità finirebbe vittima di una terribile ipocrisia! I nostri posteri saranno forse più sani, forse ancora più longevi – quelli che saranno fatti nascere – ma forse esemplari in via di estinzione…

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