La nuova carta per gli operatori sanitari
Il 6 febbraio 2017, nella conferenza stampa di presentazione della XXV Giornata Mondiale del Malato è stata presentata dal Card. Peter KodwoAppiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, la Nuova Carta degli Operatori Sanitari la cui prima edizione risale al 1995.
Il progresso biomedico e i recenti pronunciamenti del Magistero hanno reso necessaria una revisione del testo così da renderlo rispondente allemutevoli circostanze dei tempi.
Il testo ripropone la divisione in sezioni come già l’edizione del 1995; una sezione dal titolo Generare, la sezione poi del Vivere ed, infine, quella del Morire.
La Carta si indirizza, secondo la tipologia del Vademecum, a «quanti sono impegnati in vario modo nella prevenzione, nella terapia e nella riabilitazione: medici, farmacisti, infermieri, tecnici, cappellani ospedalieri, religiosi, religiose, personale amministrativo e responsabili delle politiche nazionali ed internazionali, volontari» (PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE), Nuova Carta degli Operatori Sanitari, LEV, 2016, 1) e questo per il semplice motivo che «la loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana» (GIOVANNI PAOLO II, Evangelium Vitae, 25.3.1995, 502).
È da sottolineare che quanto sopra riportato costituisce l’incipit del documento e, come accade per i documenti del Magistero, ciò ha la sua importanza: si ribadisce la finalità propria e l’obiettivo del Documento stesso: porre la persona al centro e, insieme ad essa, quelli che sono i suoi beni primari partendo dalla vita e dalla salute; nel far ciò la Carta ricorda che l’attività degli operatori sanitari può essere vissuta in modo autentico solo considerandola come servizio alla persona umana e alla sua stessa vita (Cfr. GIOVANNI PAOLO II, EV, 502).
L’operatore sanitario risponderà alla vocazione intrinseca alla sua professione solo ponendosi al servizio della salute fisica, psicologica e spirituale della persona nelle varie situazioni che la vita presenta.
Per far ciò il testo ricorda come il primo elemento essenziale per un’autentica cura della salute risiede nella capacità degli operatori di instaurare una relazionalità di fiducia e di responsabilità; ciò è richiesto da un approccio olistico dell’uomo, sempre più necessario: da tempo si sottolinea che il medico prima di sapere ciò che l’uomo ha deve sapere ciò che l’uomo è; spesso ricorre la frase che l’ottimo medico è anche filosofo. Nelle professioni sanitarie, il testo ci ricorda, si nasconde una vocazione di profonda umanità che, dietro la perizia medico-professionale, si esprime in una dedizione di amore al prossimo.
Tale servizio alla vita potrà esprimersi solo in fedeltà alla legge morale da cui scaturiscono delle precise responsabilità sia di carattere sanitario sia anche di carattere gestionale, amministrativo e, perché no, anche politico perché le risorse e le macroallocazioni avvengano sempre ponendo la persona al centro e non altro, come invece spesso, purtroppo, accade. Tale legge morale attinge sia dalla ragione ed è confermata ed implementata dalla fede che, avendo la medesima origine – diceva l’Aquinate – non potranno mai contraddirsi, se impostate rettamente.
La Nuova Carta intende, pertanto, «sostenere la fedeltà etica dell’operatore sanitario» (PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE), Nuova Carta degli Operatori Sanitari, LEV, 2016, 10), non solo, nelle scelte che deve attuare; fedeltà che deve esprimersi in tutte le fasi della vita: dal suo sorgere al suo naturale compimento.
Diversi sono gli argomenti che troviamo nelle varie sezioni.
La sezione Generare prende in considerazione la verità della procreazione, quale atto di collaborazione dei coniugi con l’azione creatrice di Dio: si ribadisce il significato antropologico della sessualità umana che non vede possibile scindere, in modo arbitrario, i due significati insiti nell’atto coniugale, quello unitivo e procreativo; per tali motivi si affronta la tematica dei metodi naturali come via per la paternità e maternità responsabile e si ribadisce la malizia della contraccezione in quanto modificativa della verità circa la sessualità dell’uomo.
Il testo prende in esame anche la sofferenza degli sposi che non possono generare ribadendo l’impossibilità della fecondazione artificiale, fondamentalmente, per il motivo antropologico che la persona vede come sua unica possibile origine la donazione totale e reciproca degli sposi e non la medicalizzazione dell’atto generativo che, invece che aiutare la natura ad essa si sostituisce. Vengono altresì considerati i temi connessi quali quelli della maternità surrogata, dell’inseminazione post mortem, della diagnosi prenatale e del congelamento degli embrioni.
La sezione del Vivere, davvero ampia, ribadisce l’assoluta condanna dell’aborto direttamente procurato e il fermo ‘no’ alla cultura abortista espressione delle strutture di morte già denunciate nel 1995 da Giovanni Paolo II. All’interno dell’aborto si ritrova la riduzione embrionale che vede la medesima valutazione etica: siamo di fronte ad un aborto selettivo. Si ribadisce l’impossibilità dell’assunzione degli intercettivi e dei contragestativi, farmaci con meccanismi di azione diretti contro l’embrione, qualora fosse concepito. Viene affrontato il tema della gravidanza ectopica che si verifica quando l’embrione si annida in un luogo diverso dall’utero (Cfr. GIORGIO GIOVANELLI, La gravidanza ectopica nella tradizione e nel dibattito bioetico contemporaneo, Fano, 2006). Viene ribadito il diritto all’obiezione di coscienza che deve essere previsto a livello legislativo in quanto nessuno può essere obbligato ad agire contro la propria coscienza, siamo nel diritto naturale.
Il servizio alla vita comprende la tutela attraverso la prevenzione, quando possibile: si affrontano i temi dei vaccini.
Oltre alla terapia genica, alla prescrizione ed uso appropriato dei farmaci si affronta la tematica del dolore (Cfr. GIORGIO GIOVANELLI cur., Bioetica del dolore, Cantagalli, 2010) che va combattuto ottenuto il consenso informato, attraverso l’analgesia a vari livelli di profondità. Si affrontano altresì i temi della sperimentazione e della donazione per i quali si ribadiscono i criteri della tradizione morale e della bioetica personalista.
Da notare la presenza delle dipendenze tra cui la tossicodipendenza, l’alcolismo ed il tabagismo.
Nella sezione Morire viene ribadita la creaturalità della persona umana la cui vita va tutelata ma mai può essere esasperata; per tale motivo si pone attenzione all’abbandono terapeutico da una parte e all’accanimento terapeutico dall’altra; si ribadisce il dovere morale dell’alimentazione ed idratazione, anche per vie artificiali (Cfr. GIORGIO GIOVANELLI, The Moral Obligation of Nutrition and Hydration in the Tradition and Magisterium of the Catholic Church: A Look at the Debate in the UnitedStates of America, in The LinacreQuarterly, 78 (2011), 4, 381-400).
Si ribadisce la condanna dell’eutanasia come di qualsiasi richiesta di soppressione della propria vita.
Particolare attenzione desidero porre, ora, al nr. 150 circa la proporzionalità delle cure che, come afferma il testo, potrebbe contemplare : «la rinuncia a tali trattamenti, che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, può anche voler dire il rispetto della volontà del morente, espressa nelle dichiarazioni o direttive anticipate di trattamento, escluso ogni atto di natura eutanasica».
La tradizione morale cattolica ha sempre ribadito come all’interno del V comandamento che tutela la vita dell’uomo fosse presente l’obbligo della tutela della propria salute, fin quando possibile ovviamente. Sul tale solco l’elaborazione teologica inizia, già nel XV secolo, ad elaborare criteri per verificare quando la terapia è moralmente obbligatoria e quando, invece, non lo è. Il complesso dibattito di secoli vede anche discorsi dei Papi e offre tali criteri: circa la doverosità o meno della terapia dobbiamo verificare, anzitutto, la sua efficacia in termini squisitamente medici: il professionista dovrà effettuare una valutazione circa la spessalutis che tale terapia prospetta al paziente. Sulla base di questo criterio i mezzi terapeutici andranno distinti in proporzionati e sproporzionati. Se il mezzo proporzionato è quello che, in termini medici, consente una ragionevole speranza di salute e di efficacia terapeutica, il mezzo sproporzionato è quello che non garantisce affatto una ragionevole prospettiva di salute o miglioramento.
Il secondo criterio, che si intreccia con quanto appena detto, riguarda la persona che deve ricevere le terapie: la cura si inserisce nel contesto vitale di una persona che ha un suo temperamento, una sua personale condizione che va valutata e considerata. In relazione a ciò la tradizione morale ha elaborato il criterio di mezzo ordinario e straordinario: sarà ordinario il mezzo che la persona, considerata una specifica criteriologia, riesce a ricevere; straordinario sarà quel mezzo terapeutico che, sempre sulla base della stessa criteriologia, la persona non riesce – e questo senza sua colpa – a ricevere.
Ora le due linee si intrecciano e, dal punto di vista morale, avremo l’obbligatorietà dei mezzi che, medicalmente parlando sono proporzionati e che, soggettivamente parlando, sono ordinari; avremo invece l’illiceità dei mezzi sproporzionati e ordinari/straordinari in quanto si configurerebbe la futility medica di una terapia con nessuna speranza di beneficio. Il paziente vivrebbe sofferenze terapeutiche non giustificate.
Per quanto riguarda i mezzi di nutrizione e idratazione artificiale che, da anni, si vogliono far passare come mezzi terapeutici e quindi prevedere per essi la possibilità di rifiuto ex art. 32 Carta Costituzionale, si fa presente che essi non sono terapia ma mezzi di sostegno vitale; non siamo nella terapia bensì nella fisiologia; se cosi fosse tutti gli atti fisiologici sarebbero terapeutici e ciò, va da sé, non corrisponde alla realtà.
In merito già dal 2007 la Congregazione per la dottrina della Fede rispose alla Conferenza Episcopale Statunitense in merito a tale argomento e si ribadiva come l’alimentazione e l’idratazione vanno somministrate fintantoché esse sortiscono il loro effetto che è quello di alimentare ed idratare, facilmente ravvisabile dal monitoraggio medico.
Nell’ottica della tradizionale distinzione di mezzi ordinari e straordinari la Nuova Carta ribadisce la facoltatività morale di fronte ad una mezzo straordinario – nel senso sopra specificato – esclusa però la mentalità eutanasica che vede una scelta contro la vita per eliminare la sofferenza ed il dolore.
Tutto ciò in un momento particolarmente delicato per il nostro Paese che sta assistendo al dibattito parlamentare circa le Dat nelle quali si vuole includere anche la possibilità di rifiuto dei mezzi minimali.
Nel modo in cui le Dat vengono concepite nel dibattito legislativo siamo ovviamente all’interno di una mentalità eutanasica e il nostro sforzo, come avvenuto qualche anno fa – 2004 – per la Legge 40 deve essere quello di arginare il male arginabile e di proporre il male minore o il bene maggiore, possibile in situazione.
La linea di pensiero di sostegno alle Dat è una chiara linea pro eutanasia da cui dobbiamo prendere le distanze; ciò viene appunto ribadito dal testo della Carta che, in sintesi, ci fa presente come un medico, un politico come tutti coloro che si pongono a servizio della vita umana non possono pensare di servirla sopprimendola facendo passare ciò addirittura quale atto di amore.
Prof. Giorgio Giovanelli
Docente incaricato di Teologia Morale speciale.
Docente incaricato di Processo Penale Canonico.
Pontificia Università Lateranense, Città del Vaticano