In Francia la liberté non è per tutti

Fine della liberté – Se questo articolo fosse pubblicato online in Francia, chi scrive rischierebbe fino a due anni di carcere. Sì, Francia. Non Arabia Saudita, Iran, Egitto, Russia o un altro Paese dove internet è sottoposto a restrizioni significative. Dov’è il cortocircuito? Semplicemente nella nuova legge approvata da entrambi i rami del Parlamento francese, la quale vieta l’esistenza di siti internet che facciano “propaganda” contro la pratica dell’aborto. La mossa non arriva a caso: è di un anno fa la norma che cancella la settimana di riflessione obbligatoria per le donne prima di abortire. La motivazione è semplice. Si sostiene che niente deve frapporsi tra la donna e la sua scelta di interrompere la gravidanza, elevando quest’ultima di fatto a un diritto.
La Francia, si sa, è uno dei campioni del laicismo europeo se non mondiale. Eppure qui non c’entra la laicità, qui è in ballo uno dei principi fondamentali del Paese, presente sin dalla Rivoluzione della fine del XVIII secolo: la libertà. Tuttavia, è proprio in nome di questa che si compiono scelte quantomeno discutibili. Non c’è alcun tiranno che abbia mai detto esplicitamente al proprio popolo che avrebbe smesso di essere libero. Nel nome della “libertà” di abortire si è ritenuto necessario rimuovere tutti gli “ostacoli possibili”, e poco importa se ciò incide sulla libertà di altri, come quella di spiegare e dimostrare che all’aborto esiste un’alternativa, o semplicemente che si tratta di un atto che spegne una vita umana per di più innocente. In questo modo si stabiliscono libertà di serie a e di serie b. Ma si sa, in Francia si preferisce la via facile: problemi di integrazione di diverse religioni? Soluzione: vietato esibire simboli religiosi in determinati contesti (che diventano di anno in anno sempre più numerosi).

Riflessioni – La questione è inquietante. Prima di tutto perché si sta parlando di un Paese europeo, tra i più importanti e influenti. Il rischio è una propagazione a macchia d’olio poiché, purtroppo, il terreno è fertile. Basti pensare alla prontezza con cui altri due Paesi, Belgio e Paesi Bassi (non tra i maggiori, ma comunque tra i fondatori dell’Unione Europea) si sono impegnati a coprire il buco di finanziamenti federali statunitensi alle ONG che propagandano l’aborto all’estero. Non facciamoci illusioni: neanche noi siamo al sicuro. Basti pensare al disegno di legge attualmente in Parlamento che mira a introdurre di fatto l’eutanasia (chiamandola in altro modo come è tradizione italiana). Oppure al fatto che chi scrive ha trovato difficoltà a documentarsi su internet, constatando la scarsa copertura mediatica della mossa francese da parte dei media nostrani non di ispirazione cattolica.

Emiliano Battisti
Roma, 8 febbraio 2017

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