Le cure palliative e terapia del dolore

Spunti a commento della Legge 15 marzo 2010 n. 38

Le cure palliative e la terapia del dolore sono una risposta efficace al dolore e alla sofferenza. Un’alternativa che rispetta la dignità del malato-sofferente e che protegge il diritto alla vita e alla salute è senz’altro da preferirsi all’eutanasia, al suicidio assistito, istanze di morte che tendono a liberarsi del malato piuttosto che liberarlo. Una disamina della L. 15 marzo 2010 n. 38 su cure palliative e terapia del dolore aiuterà a comprendere l’importanza di questa normativa.

di Franco Vitale

1. Considerazioni introduttive

La migliore motivazione per l’esame della legge 15 marzo 2010 n. 38[1] si trae dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 15.02.2022[2], che non ha ammesso il referendum sull’omicidio del consenziente.

Secondo la Corte devesi “proteggere il diritto alla vita … non soltanto delle persone più deboli e vulnerabili”[3], ma di “ogni persona, a prescindere dalle condizioni in cui si trova[4]”.

La vita dell’uomo, quindi, è indisponibile. Su questo principio, e diritto di rango costituzionale, si fonda la medicina palliativa.


[1] Cfr. L. 15.03.2010, n. 38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 65 del 15 marzo 2010.

[2] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 15.02.2022, n. 50, depositata in Cancelleria il 2.03.2022.

[3] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 50/2022, cit.

[4] Cfr. sul punto Marcello Palmieri, La vita matrice di ogni diritto, in Avvenire 10 marzo 2022, È BIOETICA.

2. La conoscenza delle cure palliative

2.1  In questo tempo nella società sussiste affanno di morte, ansia di fine.

Cause: il dolore forte ed a volte dilaniante, malattie; una esistenza travagliata di cui si è stanchi; o, d’altro canto, ritenere di aver completato il proprio vivere.

Viene avanti l’istanza di eutanasia. Si insiste sull’ingresso nel nostro ordinamento della morte per atto dello Stato a seguito di autodeterminazione del singolo individuo, che, però, trova forte ostacolo nella suddetta pronunzia n. 50/2022 della Corte Costituzionale secondo cui «quando viene in rilievo il bene della vita umana la libertà di autodeterminazione non può mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni di tutela del medesimo bene»[1].

2.2 Il rimedio delle cure palliative e della terapia del dolore

Dette cure sono vicinanza e continuità di vita che appagano il sofferente ed il depresso, aprendo ad uno sguardo di serenità e di bene.

La necessità delle cure palliative si presenta quando il paziente è affetto da malattia inguaribile e le terapie di specialità non riescono a riportarlo in salute. In tal caso si prestano il controllo del dolore, il supporto psicologico, sociale e spirituale al malato ed alla sua famiglia in modo che venga assicurata “la migliore qualità di vita fino alla fine”. Così riferisce il Dott. Marcello Ricciuti, Direttore dell’Hospice S. Carlo di Potenza[2]. Dallo stesso si apprendono gli aspetti più rilevanti della medicina palliativa.

Nel 1967 la Dott.sa Cicely Saunders fondò il primo Hospice in Londra per il ricovero di malati che si ritenevano inguaribili. Questo segnò il momento di inizio delle cure palliative.

La Dott.sa Saunders insisteva sulla “importanza” del malato dicendogli “Tu sei importante perché sei tu, e sei importante fino alla fine della tua vita[3].

Si riconosceva così “il valore della persona”, dando l’aiuto per superare la sofferenza e mantenendo la dignità.

La medicina palliativa mira a dare “cure proporzionate … e senza abbandoni”. Il tempo di vita, consentito dalla malattia, va vissuto “in compagnia”[4] e in stretto legame con la famiglia.


[1] Cfr. Sentenza n. 50/2022 della Corte Costituzionale, cit.

[2] Cfr. Marcello Ricciuti, Direttore U.O.C. Hospice e Cure palliative Azienda Ospedaliera San Carlo, Potenza, Fine vita “Liberi fino alla fine? Ecco la verità”, in Avvenire.it, 4.11.2021.

[3] Cfr. M. Ricciuti, op. cit., loc. cit.

[4] Cfr. M. Ricciuti, op. cit., loc. cit.

3. Le cure palliative hanno trovato ingresso nel nostro ordinamento sanitario

L’attenzione si appunta subito sulla legge 15 marzo 2010 n. 38, di cui in prosieguo.

È notevole la richiesta della predetta terapia e l’interesse alla stessa manifestata dagli operatori sociali.

In occasione delle elezioni regionali del 2020 è notorio che numerose associazioni hanno rivolto appello ai candidati alla Presidenza ed ai Consiglieri Regionali per realizzare politiche sanitarie a favore delle cure palliative, con richiesta di una medicina innovativa da “cura della malattia” a “cura della persona”[1].

Va segnalato, altresì, l’intervento dei Medici Cattolici con un manifesto contro l’eutanasia dove si chiede di mettere in atto le cure palliative e la terapia del dolore “per un rinnovato umanesimo della cura”, con esclusione di “forme di eutanasia sociale o selezione dei fragili e dei deboli”[2].


[1] Si indicano alcune delle tante associazioni che hanno richiesto le cure palliative: Ai.Bi. Associazione dei bambini; Amici di Lazzaro; Associazione Nonni 2.0; Ass. L’Albero; Ass. Liberi e forti; Ass. Politica insieme; Ass. Risveglio; Ass. Progetto culturale; Avvocatura in missione; Centro Studi Rosario Livatino; Comunità Papa Giovanni XXIII; Family Day – Comitato difendiamo i nostri figli; MCL – Movimento Cristiano Lavoratori; Medicina e Persona; Provita e famiglia; Rete Bianca; Rete Popolare; Vivere Salendo; UCID – Presidenza Comitato scientifico; AMCI – Associazione Medici Cattolici.

[2] Cfr. M. Guerra – Città del Vaticano, in Manifesto dei Medici Cattolici contro l’eutanasia: Non daremo la morte, in Vatican News del 22 gennaio 2022.

4. Spunti di commento alle disposizioni della legge n. 38 del 2010

4.1 Nella disamina viene subito in rilievo la tutela del diritto del cittadino a ricevere le cure palliative e la terapia del dolore. L’utilizzo delle stesse è garantito al malato al fine di sopperire al “bisogno di salute, equità nell’accesso all’assistenza”[1] e cure adatte alle singole necessità.

Il soggetto del diritto alle cure palliative è la persona umana, con esclusione di ogni “discriminazione[2].

Il legislatore ha, quindi, assicurato le cure palliative ai neonati[3].

La medicina palliativa ha esteso il suo impegno anche alla “maternità con patologia fetale ad alto rischio e terminali”. Il Centro Percorso clinico assistenziale (Pca) presso il Policlinico Gemelli di Roma si occupa di tali maternità, offrendo le cure di specialità ed un sostegno a pazienti e famiglie di carattere “spirituale” e “psicologico”[4].

Al bambino concepito e non ancora nato spettano le cure palliative per le patologie predette, ai sensi del citato disposto dell’art. 1, comma 3, lett. a, L. 38/2010, che a riguardo del malato respinge ogni atteggiamento discriminatorio. Il concepito è soggetto di ordine giuridico e gode della tutela che assiste la persona, la sua vita e la sua salute, sia prima che dopo la nascita[5].

4.2 Accanto al malato la legge n. 38 del 2010 colloca la di lui famiglia che, per la “cura attiva e totale” del paziente non più rispondente agli interventi specialistici, merita un “adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale” come stabilito dal comma 3, lettera c, dell’art. 1.

Nel rapporto tra malato e strutture pubbliche, previsto per le cure palliative e del dolore, la posizione dei familiari non si limita ad una presenza e vicinanza, ma assume carattere e funzione di soggetto a tutela dei diritti assicurati al paziente.

Pertanto, devesi dedurre che la famiglia del malato, in favore dello stesso, possa chiedere le cure palliative, ed il ricovero in Hospice, anche quando nel trattamento sanitario non sia previsto il ricorso a dette cure.

L’attenzione si sofferma sulla decisione della Corte Costituzionale del 16.11.2018 n. 217 – ordinanza: al punto 8 la Corte valorizza le terapie palliative per il sollievo che recano alla sofferenza del malato[6].

Successivamente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 242 del 25 settembre 2019[7], al punto 5, riportandosi all’art. 2 della legge n. 2019 del 2017[8], insiste perché sia “garantita al paziente un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative”.

In merito devesi tenere presente che la Corte, al punto 2.4 – considerato in diritto – della suddetta sentenza richiede “opportune cautele” per evitare “prematura rinunzia, da parte delle strutture sanitarie”, della palliazione “diversa dalla sedazione profonda continua”, ma capace di togliere le sofferenze del paziente; in conseguenza viene affermato chiaramente che la cura palliativa “deve costituire un pre-requisito della scelta” – successiva – del paziente di altro percorso sanitario.

La struttura sanitaria deve attenersi a tale modo di operare per la normativa della legge n. 38 del 2010, che ha impegnato lo Stato ad attuare la medicina palliativa.

Si comprende, quindi, la conclusione della Corte: “l’accesso alle cure palliative ove idonee a eliminare la sofferenza spesso si presta … a rimuovere le cause della volontà del paziente di congedarsi dalla vita”[9].

È fondata, quindi, la tesi sovraesposta secondo cui la famiglia si pone, nell’ambito dei trattamenti palliativi, quale soggetto con pieno diritto di far valere l’accesso del familiare malato alle cure palliative assicurate dalla legge n. 38 del 2010.

4.3 Con l’esame dell’art. 1, L. 38/2010 si sono viste le “finalità” della legge a tutela della integrità, continuità e dignità della vita umana, anche se toccata da male inguaribile.

Per il legislatore del 2010 “le cure palliative e la terapia del dolore costituiscono obiettivi prioritari del Piano Sanitario Nazionale” (art. 3). Per questo all’art. 2 vengono stabiliti criteri per l’applicazione delle norme con precise “definizioni” che si richiamano alla elaborazione della medicina palliativa. Ai sensi del comma 1, lett. a) dell’art. 2, le cure palliative sono date “dagli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali” diretti al malato e alla sua famiglia, quando la “malattia di base” si presenta con una “inarrestabile evoluzione” e con “prognosi infausta”; ed il paziente “non risponde più a trattamenti specifici”.

La terapia del dolore (lett. b, comma 1, art. 2) riassume gli “interventi diagnostici e terapeutici” a riguardo di “forme morbose croniche”, per attuare “appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche, riabilitative” al fine della “soppressione ed il controllo del dolore”.

Dalla lettera e), comma 1 dell’art. 2, apprendiamo la nozione e consistenza della “assistenza residenziale”. Questa si attua nella struttura che prende il nome di “Hospice”, nella quale si effettuano, nella cura palliativa, gli interventi sanitari e sociosanitari prestati in via continuativa da“équipe multi disciplinari”.

Si indicano altresì (lettera g – day hospice, comma 1, art. 2) prestazioni diagnostico-terapeutiche e assistenziali da parte degli hospice solo diurne, escluso l’intervento a domicilio.


[1] Cfr. art. 1, comma 2, L. 38/2010.

[2] Cfr. art. 1, comma 3, lett. a, L. 38/2010.

[3] Cfr. Graziella Melina, Cure palliative anche per i neonati, intervista a Patrizia Papacci neonatologa e palliativista neonatale del Policlinico Gemelli di Roma, in Avvenire, 7 aprile 2022, è CURA.

[4] Cfr. Graziella Melina, Accanto alle vite più fragili cominciando dalla gravidanza, in Avvenire, 7 aprile 2022, è CURA.

[5] Mi permetto segnalare: F. Vitale, La personalità di ordine giuridico del nascituro concepito secondo il vigente diritto di famiglia, in Iustitia, 3/16, Giuffrè editore, pag. 357 e segg.

[6] Cfr. Corte Costituzionale, 16.11.2018. n. 217 – ordinanza, www.cortecostituzionale.it

[7] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 242 del 25 settembre 2019, www.cortecostituzionale.it

[8] Cfr. Legge 22.12.2017, n. 2019, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, del 16.01.2018.

[9] Cfr. Corte Costituzionale sent. n. 242/2019, cit.

5.  L’intervento dello Stato e le competenze stabilite per l’erogazione ai cittadini delle cure palliative e della terapia del dolore

5.1 La normativa sul tema è data dagli articoli dal 3 al 12 e dai richiami a disposizioni contenute in altre leggi.

In questa sede è bene limitarsi agli aspetti salienti per l’accesso alla medicina palliativa.

All’art. 3, comma 2, si indica la competenza del Ministero della Salute che, in intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, stabilisce le linee guida per “la promozione, lo sviluppo ed il coordinamento degli interventi regionali”.

È compito delle Regioni (comma 3, art. 3) attuare, secondo le linee guida, i “principi” affermati dalla legge in esame, adendo al “finanziamento integrativo del Servizio Sanitario Nazionale a carico dello Stato”.

5.2 All’art. 4 si prevede una “campagna di informazione”; ciò denota l’interesse dello Stato a che i cittadini abbiano contezza dei programmi di assistenza in materia di cure palliative nella “lotta contro il dolore”, e della rilevanza delle stesse nella “tutela della dignità della persona umana”.

È di interesse rilevare che nel comma secondo dell’art. 4 si indicano anche le “cure palliative pediatriche”, di cui sopra si è fatto cenno.

5.3 Nell’art. 2, comma 1, lettera d), e, più ampiamente, nell’art. 5 si parla di due “reti” nazionali – l’una per le cure palliative, l’altra per la terapia del dolore – per adeguare di continuo le strutture e le prestazioni sanitarie “alle esigenze” del malato sofferente. A tal scopo viene stabilita una “specifica rilevazione” da parte del Ministero della salute sui “periodi ospedalieri e sulle prestazioni”, in ciascuna Regione, degli interventi palliativi e di terapia del dolore per assicurarne l’uguaglianza su tutto il territorio dello Stato.

Ai sensi dell’art. 5, comma 2, vengono individuate le professioni mediche con competenza ad operare nella medicina palliativa.

Accenniamo “ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia … pediatria”.

Si fa riferimento “ai medici con esperienza almeno triennale” nelle cure palliative ed “agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali”, nonché alle “altre figure professionali ritenute essenziali”.

È bene aggiungere che, ai sensi dell’art. 8, comma 1, si stabiliscono “percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e patologie croniche e degenerative”; e, per il comma 2, il periodico aggiornamento in tema di assistenza, specialmente per “medici ospedalieri, medici specialisti ambulatoriali territoriali, medici di medicina generale e di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta”.

5.4 Al fine di dare vigore alla lotta contro il dolore, il legislatore del 2010 insiste con:

– “l’obbligo di riportare la rilevazione del dolore all’interno della cartella clinica” (art. 7, L. 38/2010);

– ed il “monitoraggio ministeriale per le cure palliative e per la terapia del dolore” (art. 9, L. 38/2010).

Infine, a sensi del comma 2 dell’art. 9, il Ministero della salute, entro il 31 dicembre di ciascun anno, stende un rapporto rilevando l’andamento degli ordinativi dei farmaci per la terapia del dolore, il monitoraggio sullo “stato di avanzamento” delle cure palliative, presentando proposte per la soluzione di “problemi e criticità” ove rilevati.

6. Conclusioni

Dal breve esame delle disposizioni della L. 38/2010 si rileva il forte intento del legislatore di venire incontro alle sofferenze del cittadino e di contrastare in modo efficace il dolore che affligge il paziente.

Ne danno piena prova i tanti interventi previsti per l’attuazione della precisa volontà di eliminare o, quanto meno, attutire il dolore del paziente, e di garantire la continua assistenza, coinvolgendo in primo luogo la famiglia.

La miglior conferma della valida scelta del legislatore del 2010 è data dalla successiva legge n. 219 del 2017: all’art. 2 stabilisce che il medico, con “mezzi appropriati”, deve cercare di dare sollievo alla sofferenza del paziente, anche se questi rifiuta o ritira il “consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”.

Per tal fine resta ferma e garantita una valida ed adatta terapia del dolore, coinvolgendo il medico di medicina generale, ed altresì erogando le cure palliative.

Sul punto, inoltre, giova il richiamo al giudizio reso dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 242 del 2019, secondo cui l’art. 2, comma 1 della L. n. 219 del 22.12.2017 consente che la domanda di sospensione del trattamento sanitario si unisca alla richiesta della terapia palliativa; e ciò nell’espresso intento di portare sollievo al patire dell’ammalato.

Infine, può dirsi, per le considerazioni svolte, che le cure palliative costituiscono un diritto di rango costituzionale del paziente, con il coinvolgimento della famiglia, di cui necessita l’applicazione nel fine vita, come confermato dalla Corte Costituzionale nella sopra citata sentenza n. 242 del 25.09.2019.

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