Carlo Casini al 37° Convegno Cav: il Mpv, una storia che viene da lontano
Il quarantesimo anniversario della legge che ha legalizzato l’aborto in Italia, la legge n. 194 del 22 maggio 1978, non deve passare sotto silenzio. Ma vorrei che lo sguardo fosse principalmente rivolto non al passato (i quarant’anni alle nostre spalle), ma al futuro, ricavando dall’esperienza i suggerimenti opportuni per continuare il servizio alla vita e renderlo più efficace e – alla fine – vittorioso.
l pensiero va ad un passaggio della splendida preghiera di Giovanni Paolo II a Maria, aurora del mondo nuovo, al termine dell’Enciclica “Evangelium Vitae”: “dona loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo, la gioia di celebrarlo [il “Vangelo della vita”] con gratitudine in tutta la loro esistenza”.
La parola “dono” fa pensare ad una vocazione vera e propria per i “credenti in Cristo”; la parola “gioia” è un invito a purificare il servizio alla vita liberandola dalla tristezza, dallo sconforto, da atteggiamenti di rancore e fa invece immaginare una presenza affascinante e coinvolgente.
In primo luogo vanno ricordate, come un patrimonio da non disperdere, numerose splendide amicizie di donne e uomini, giovani e adulti di cui sono state evidenti la generosità, l’entusiasmo, la semplicità, la fedeltà. Ho in mente tanti nomi, ma non ne voglio fare nessuno perché l’elenco sarebbe troppo lungo e non voglio correre il rischio di dimenticare qualcuno. Rivedo il volto di tanti che non sono più su questa terra e dei molti che ancora lavorano per la vita. In un tempo dominato dalla categoria dell’utile in base alla quale nessuno fa nulla per nulla se non ne ha un vantaggio personale, questi volti dicono che la gratuità totale è possibile. Si tratta, per lo più, di gente semplice, umile, che non ha mai chiesto nulla per sé. Persone tenaci, che non si sono mai scoraggiate, che hanno fatto molto bene intorno a sé nel silenzio, senza pretendere onori o riconoscimenti. È una gioia pensare a loro. Si tratta di un’amicizia di tipo famigliare, fiorita spontaneamente, costitutiva del Movimento per la vita.
Talora domandano: “chi ha fondato il Movimento per la vita?”. La risposta più giusta è che è stato il valore della vita nascente che ha risvegliato nel cuore di molti il desiderio di fare qualcosa. Sono nate così iniziative di vario genere senza un programma preventivo organico. La struttura è venuta dopo. Di fronte alle emergenze del momento (nascituri distrutti; preparazione della legge permissiva; un referendum da affrontare) la linea è stata: “prima fare e poi parlare”.
L’amicizia è stata il primo solido collante, che si è esteso ben oltre i confini del Movimento, se mai linee di confine vi sono state. Di fronte alla grandezza dei problemi emergenti, il Movimento non è stato pensato come una nuova associazione, distinta e separata da altri gruppi, con una propria componente personale identificata da una tessera e quindi chiusa nell’ambito di una iscrizione. Si trattava (e si tratta) di risvegliare la sensibilità di molti. L’immagine appropriata è quella del lievito che fermenta e muove la massa. Inoltre in altre associazioni l’appartenenza sostanziale è determinata anche da spazi di vita in comune, talora di carattere ricreativo oltre che riformativo, mentre la forza aggregante nel Movimento per la vita è essenzialmente il solo ideale comune. Perciò, specialmente nella fase iniziale, a livello nazionale si sono stabiliti contatti con tutte le altre associazioni e movimenti già strutturati, sensibili alle problematiche della vita nascente. La legge e il successivo referendum sono state occasioni di ripetuti incontri con i dirigenti delle associazioni nazionali di area cattolica, dai focolarini a CL, dall’Azione Cattolica alle ACLI e al Movimento cristiano lavoratori, dagli scout ai giuristi e medici cattolici, all’Opus Dei e da varie altre organizzazioni culturali e caritative. L’esigenza dell’unità non solo ideale, ma anche operativa, fu la guida.
Per analoga ragione la fioritura dei gruppi locali fu lasciata allo spontaneismo, che è stato una ricchezza. Sono incalcolabili le iniziative locali messe a disposizione del servizio alla vita dalla fantasia di molti. Gli atti giuridici e gli statuti sono arrivati dopo, ma hanno conservato una traccia dello spontaneismo e del valore delle autonomie locali. Il Movimento, infatti, è una federazione di associazioni locali, non un gruppo di tesserati.
L’idea di una pervasività oltre i confini di gruppi direttamente impegnati è stata espressa con una definizione del CAV, molto bella, ma raramente attuata nella sua pienezza. Il CAV, ho scritto io stesso, deve essere “l’espressione di una intera comunità che accoglie”. Anche il Movimento per la vita è stato pensato senza confini. Il sogno per anni è stato quello di sostituire alla tessera, come segno di appartenenza, l’adesione al pensiero ed al progetto quali venivano manifestati dal mensile del Movimento “Sì alla vita”. In sostanza l’abbonamento al giornale qualificava l’appartenenza dentro e fuori della struttura giuridica del Movimento per la vita. In tal modo l’amicizia corroborante si è estesa molto largamente in spazi davvero grandi della società.
Questa amicizia ha coinvolto autentici Santi e personalità di primo piano nel mondo. Penso a San Giovanni II, gigante della vita; a Santa Madre Teresa di Calcutta, la Santa dei poveri, premio Nobel per la pace, ma anche – tra le persone che hanno lasciato questa vita – a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, a don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, a Don Oreste Benzi, fondatore della “Associazione Papa Giovanni XXXIII”, a Don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia, a Giorgio La Pira, sindaco “santo” di Firenze; al professor Jerome Lejeune, grande scienziato francese, fondatore della genetica per il quale è in corso un processo di canonizzazione.
La sconfitta referendaria del 1981 fu certamente amara, ma il referendum in se stesso, nonostante i tormenti che avevano preceduto la decisione di affrontarlo, fece sperimentare fino in fondo l’amicizia calorosa di tanta gente, prevalentemente giovani che per la prima volta affrontavano pubblici dibattiti. Soprattutto è motivo di conforto il fatto che veri e propri santi, ora elevati agi onori degli altari, si misero al nostro fianco. È certamente una prova della validità del nostro lavoro e quindi è un incitamento a continuarlo senza rassegnazione.
Santa Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace, la Santa dei poveri, era stata già insieme a noi il 22 maggio 1979 nel cortile del Palazzo Sforzesco di Milano per proclamare il diritto alla vita nel primo anniversario della Legge 194 insieme a don Zeno Saltini, a Fratel Ettore che assisteva i barboni di Milano e alla signora Fortuna che dirigeva la prima casa di accoglienza per ragazze madri. Insieme a dom Helder Camara, vescovo di Recife, noto per il suo coraggio per difendere i poveri, venuto appositamente dal Brasile, Madre Teresa chiuse nello stadio di Bergamo il 19 ottobre 1980 la campagna di raccolta firme per il referendum. Il tema fu “progetto uomo: difendere la vita, combattere la fame”. L’argomento e gli oratori dimostrarono che la difesa della vita nascente è la prima pietra, ma che vi è un collegamento con ogni altra povertà umana. Venne poi il referendum e Madre Teresa non esitò ad accompagnarci in molte pubbliche manifestazioni: a Palermo, a Napoli, a Roma, a Bari, a Firenze e altrove. Non è cosa di poco conto avere avuto l’amicizia e il contributo della Santa dei poveri nel momento del più grande impegno pubblico, che, nonostante l’esito, fu il crogiolo che preparò la maturità del Movimento per la vita e moltiplicò i Centri di aiuto alla vita. Non a caso Madre Teresa terminava spesso i suoi “comizi” chiedendo un impegno specifico: “promettiamoci che in questa città nessuna donna possa dire di essere stata costretta ad abortire”.
Non meno significativa fu l’amicizia operosa di un altro grandissimo Santo, Giovanni Paolo II, che si spese insieme a noi, come lui stesso ebbe a dire, in modo commovente, ai cardinali di Curia il 22 dicembre 1981. Il referendum si era svolto il 17 maggio precedente e 4 giorni prima il Papa era stato colpito in Piazza San Pietro dalla pistola di Ali Agca. L’esito del referendum addolorò certamente il Santo Padre, che, nel discorso del 22 dicembre successivo, così disse: “migliaia e migliaia di vittime innocenti sono sacrificate nel seno della madre! Si sta purtroppo oscurando il senso della vita e di conseguenza il rispetto dell’uomo! Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E l’avvenire ne riserverà di peggiori se non si pone rimedio. La Chiesa reagisce esponendosi e pagando di persona. Così ho fatto io, così mi sono esposto io nella scorsa primavera. E nei giorni della mia lunga sofferenza ho pensato molto al significato misterioso, al segno arcano che mi veniva dato come dal cielo nella prova che ha messo a repentaglio la mia vita, quasi un tributo di espiazione per questo rifiuto occulto o palese della vita umana”.
Anche in seguito i due santi continuarono a gratificarci con la loro entusiasmante amicizia. Tra i molti incontri ve ne sono alcuni particolarmente memorabili. “Prima di tutto la vita” fu il titolo di una manifestazione svoltasi a Firenze nell’anno in cui il capoluogo toscano fu proclamato “capitale europea della cultura”. Al centro dell’incontro vi furono Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich che parlarono a 15.000 giovani e a tutte le autorità cittadine insieme a Diana Elles, vicepresidente del Parlamento Europeo, e Marlene Lenz, presidente della Commissione per i diritti delle donne.
Poiché in questa sede è impossibile ricordare tutto, è sufficiente citare alcune parole rimaste scolpite nella memoria.
«La vostra presenza così numerosa e convinta è un segno incoraggiante che alimenta la speranza della vittoria della verità sulle false giustificazioni dell’aborto. E la verità è che ogni essere umano ha il diritto alla vita dal concepimento fino al suo naturale tramonto» (22 maggio 1998, ventesimo anniversario della legge 194 al Movimento per la vita italiano).
«Dio voglia che continuiate ad essere una forza di rinnovamento e speranza per la nostra società» (22 maggio 2003, 25° anniversario della L. 194, al Direttivo Nazionale del Movimento per la vita).
«L’Europa di domani è nelle vostre mani. Siate degni di questo compito. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità: quella di essere luogo dove la persona ogni persona, è affermata nella sua incomparabile dignità» (18 dicembre 1987, al convegno su “Il diritto alla vita e l’Europa”).
La gioia diviene un sentimento fisicamente sperimentabile quando tra le carte di casa si ritrova la fotografia con il volto di qualche splendido bambino aiutato a nascere, inviata con il ringraziamento delle loro madri o quando all’interno dei Centri di aiuto alla vita, normalmente ambienti semplici e senza pretese, troviamo appese ai muri molte fotografie di bambini e biglietti di ringraziamento delle loro madri.
Quanti bambini sono stati aiutati a nascere in 40 anni dal Movimento per la vita e dai centri collegati?
A Padova esiste una segreteria di collegamento dei CAV che ogni anno pubblica un rapporto analitico sul lavoro dei CAV (“Vita CAV”). L’ultimo rapporto, pubblicato nell’aprile 2017, riferisce che, a partire dal 1997 e fino al termine del 2016, sono nati 151.749 bambini. Questo dato, però, è largamente inferiore alla realtà, perché risulta dalle informazioni dei CAV locali e molti non le hanno fornite perché – impegnati nella linea “prima fare e poi parlare” – non hanno attribuito molta importanza alla documentazione. Ad esempio nel 2016 su 349 CAV esistenti, solo 205 hanno inviato le schede necessarie per catalogare ordinatamente i dati complessivi. Inoltre il servizio di raccolta dati non esisteva fino al 1997. Il rapporto, perciò, formula l’ipotesi prudenziale che i bambini nati a partire dal 1975 (costituzione del primo CAV in Italia) siano stati almeno 190.000.
È doveroso parlare di bambini aiutati a nascere piuttosto che di bambini salvati dall’aborto, perché è probabile che in molti casi la donna con cui il CAV ha preso contatto non aveva ancora maturato una decisione ferma di ricorrere alla IVG. Forse era ancora nel tormento di un dubbio ed è possibile che, anche se non ci fosse stato l’intervento del CAV, il coraggio materno avrebbe finito per arrestare la deriva verso l’aborto. Tuttavia è certo che in molti casi solo la presenza del CAV ha determinato la prosecuzione della gravidanza, ben si intende attraverso il risveglio del coraggio femminile, che, peraltro, senza il CAV non ci sarebbe stato. Ad esempio, il rapporto per il 2016 racconta che il 7% delle donne incontrate in quell’anno aveva già in mano il documento che autorizzava l’esecuzione dell’intervento abortivo e che l’89% delle donne che lo possedevano ha proseguito la gravidanza dopo l’incontro e l’aiuto del CAV. In questi casi la prospettiva dell’IVG era certa ed imminente. Ma anche prima di chiedere il documento autorizzante l’aborto la decisione di ricorrervi poteva essere definitiva. In definitiva non è possibile conoscere il numero preciso di bambini salvati dalla morte per la presenza dei CAV. Sta di fatto che quasi tutti i CAV mostrano lettere di ringraziamento di madri che, magari in occasione di un compleanno del figlio, ringraziano il CAV e scrivono “se non ci foste stati voi egli non ci sarebbe”.
Non tutti i CAV hanno le stesse dimensioni e la loro capacità di servizio alla vita può essere più o meno grande. Tuttavia è certo che anche il più piccolo e disorganizzato CAV nel corso di 40 anni ha salvato almeno un bambino con la gioia della madre. Sta scritto nel Talmud: “chi salva una vita salva il mondo intero”. Questo significa che nessun CAV, per quanto piccolo, può essere considerato inutile o, addirittura, da sopprimere. Al contrario, va potenziato.
Contrariamente a quanto comunemente si pensa, i giovani si lasciano facilmente entusiasmare dal tema della vita, che talora diviene criterio di valutazione, di giudizio, di orientamento complessivo di tutta la loro vita. Fin dal suo inizio, il Movimento per la vita italiano ha avuto l’appoggio essenziale dei giovani. E i giovani amano la festa. È singolare che dopo la sconfitta (numerica…) del referendum del 1981 immediatamente fiorirono in tutta Italia le “feste della vita” animate dai giovani che pochi mesi o giorni prima si erano impegnati per il “Si alla vita”. Ogni anno, a partire dal 1987 (dopo una primissima esperienza nel 1986 con i giovani della Toscana) una esplosione di gioia giovanile è stata la conclusione premio di un concorso riservato agli studenti delle scuole medie superiori e delle università avvenuta a Strasburgo nella sede del Parlamento Europeo dove sono convenuti ogni anno non meno di 200 ragazzi selezionati tra circa 30000 concorrenti ai quali si è chiesto di mettere in relazione il valore della vita nascente e dell’Unione Europea con i grandi valori della modernità, volta a volta i diritti umani, l’uguaglianza, la libertà, la condizione femminile, la pace, la famiglia, la democrazia, il progresso scientifico.
Momenti di festa e di gioia giovanile sono stai anche il concorso “canta la vita”, una iniziativa sorta tra i giovani di Trento, poi trasferitasi a Bergamo e infine stabilitasi definitivamente a Pavia. Si tratta di un concorso canoro tra giovani cantautori, selezionati in tutta Italia, i cui 10 migliori partecipano ogni anno alla gara finale, insieme a cantautori famosi. La meditazione sulla vita è stimolata non solo dai testi musicali ma anche da testimonianze che in questo contesto sono rese possibili.
Nell’arco di 40 anni i cittadini italiani sono stati chiamati 6 volte a sottoscrivere proposte di legge di iniziativa popolare e petizioni “per la vita”. Qualcuno si è chiesto a cosa servono queste ampie mobilitazioni, delle quali non si vede l’immediato risultato positivo. Anzi, qualcuno può pensare che esse aumentino il senso di frustrazione.
Ma non è così. Indipendentemente dal risultato questi appelli al popolo hanno ampiamente ricordato il valore della vita nascente e contrastato stati d’animo di dimenticanza, rassegnazione, assuefazione. Inoltre il vasto consenso popolare ha rafforzato gioiosamente l’impegno del Movimento per la vita ed ha determinato una unità strategica che ha impedito dispersioni e divisioni all’interno del “popolo della vita”. Infine qualche risultato utile è stato ottenuto.
In soli 40 giorni, tra l’8 dicembre 1977 e il 20 gennaio 1978, un milione 89 mila cittadini sottoscrissero la proposta di legge di iniziativa popolare intitolata “Accoglienza della vita nascente e la tutela sociale della maternità” che voleva offrire un’alternativa alla legge 194 che il Parlamento andava costruendo. Fu la prima iniziativa popolare attuata ai sensi dell’art. 71 della Costituzione. Mai in precedenza era stato attuato questo strumento di democrazia diretta. Nel Parlamento molte voci lodarono il testo proposto, ma la maggioranza lo rifiutò e approvò la legge 194.
Bisogna però ricordare la drammaticità del momento. Il terrorismo imperversava. Aldo Moro, segretario della DC, sequestrato dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 fu ucciso il 9 maggio successivo, esattamente 9 giorni prima del voto finale previsto sulla legge che legalizzò l’aborto. Incombeva il referendum che il partito radicale aveva promosso contro il codice penale nelle parti che punivano l’aborto volontario. Si trattava di un referendum diverso da quello poi promosso dagli stessi radicali contro la legge 194. La consultazione referendaria era stata fissata per il 15 giugno 1978, ma tutte le forze politiche volevano evitarla per il timore che il dibattito, prevedibilmente molto acceso, favorisse atti di terrorismo. Bisognava perciò approvare una legge che impedisse il referendum. Quella di iniziativa popolare – dissero – pur apprezzabile, non poteva impedire il referendum perché presentata troppo tardi.
Della richiesta di referendum per modificare la legge 194 (“estate per la vita”) svoltosi nel 1981 abbiamo già detto.
Nel 1988 si celebrò il 40° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In previsione di questo evento il Movimento per la vita promosse una petizione “Per la vita e la dignità dell’uomo” per chiedere un dibattito in Parlamento sul diritto alla vita dei concepiti. Due milioni e mezzo di cittadini testimoniarono con la loro firma la vicinanza al Movimento per la vita e la petizione fu certamente un mezzo di sensibilizzazione positivo, ed ebbe un risultato, sia pur modesto, in Parlamento, dove si svolse un lungo dibattito che si concluse con l’approvazione di una mozione la quale si limitò a chiedere al Governo la sospensione di qualsiasi esperimento distruttivo su embrioni in vitro e la istituzione di un comitato nazionale di bioetica subito divenuto operativo.
Nel 1995 iniziava in Italia la discussione sulla procreazione artificiale. Il Movimento per la vita avviò una nuova proposta di legge di iniziativa popolare per ottenere la modifica dell’art. 1 del Codice Civile, che attualmente dichiara: “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”. La proposta popolare chiedeva che la capacità giuridica fosse riconosciuta ad ogni essere umano fin dal concepimento, salva la condizione della nascita per quanto riguarda i diritti patrimoniali. La proposta ottenne 200.000 adesioni, non poche se si considera che, a differenza delle petizioni, le proposte di legge di iniziativa popolare esigono la certificazione notarile di ogni singola adesione.
Nel 2000 a Nizza le istituzioni dell’Unione Europea proclamarono la Carta europea dei diritti fondamentali, destinata a divenire una norma vincolante per effetto dell’ultimo trattato sull’Unione, firmato a Lisbona nel 1997 e ratificato definitivamente alla fine del 2009. Nel 2007, a livello europeo, in previsione delle celebrazioni del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (2008) e in vista della probabile efficacia vincolante della carta dei diritti fondamentali, fu promossa una petizione affinché nella Carta europea fosse specificato che il diritto alla vita va riconosciuto fin dal concepimento (petizione europea “per la vita e la dignità dell’uomo”). Nel dicembre 2009 500.000 adesioni furono consegnate in una cerimonia solenne al presidente del Parlamento europeo. La petizione non è stata mai discussa, ma non si può escludere un effetto di sensibilizzazione su alcuni parlamentari.
Assai più importante è stata la iniziativa dei cittadini europei denominata “Uno di noi”, promossa nel 2011 e conclusa nel 2014.
Per quanto riguarda la raccolta delle adesioni l’iniziativa ha avuto un grande successo, perché è stata la prima anche in senso numerico: quasi 2 milioni di adesioni sono state raccolte non solo in 7 Paesi, ma in tutte le 28 nazioni dell’UE.
Fino ad oggi le istituzioni europee non hanno tenuto conto della richiesta, ma il lavoro compiuto ha prodotto egualmente un risultato importante anche al di là della sensibilizzazione riguardo al diritto alla vita. La consuetudine del lavoro comune ha formato una vera e propria unitaria federazione europea dei movimenti per la vita, che si è data il nome di “uno di noi, per la vita e la dignità dell’uomo”. È sperabile che questa associazione di associazioni e movimenti di livello europeo possa esercitare una influenza culturale, giuridica e politica in favore della vita più forte di quella esplicabile da un singolo movimento.
Amicizia, bimbi salvati, giovani, consenso popolare: sono questi elementi di soddisfazione e di gioia nella nostra storia. Ma, guardando al nostro futuro, conforta molto di più ciò che San Giovanni Paolo II ci disse al Convegno internazionale dei movimenti per la vita il 1 marzo 1986: “sono convinto che la grande influenza dei Movimenti per la vita nel mondo e l’enorme importanza del loro contributo all’umanità saranno adeguatamente capiti solo quando la storia di questa generazione sarà scritta”.
Carlo Casini,
presidente onorario del Movimento per la Vita italiano.
Intervento nel 37° Convegno Cav (Milano 10-12 novembre 2017)