Viva la mamma: la parte più profonda di Sanremo 2025
di Giovanna Sedda
Sanremo, il momento popolare per eccellenza, specchio di un Paese che cambia e si racconta attraverso la musica, celebra, tra le righe, la sacralità della figura materna. In un mondo che sembra aver dimenticato il valore della maternità, il Festival ha posto al centro quella presenza silenziosa, tenace, insostituibile. Lo ha fatto con le parole, le canzoni e i ricordi. Lo stesso conduttore, Carlo Conti, si è commosso parlando della mamma e dei suoi insegnamenti, in conferenza stampa a poche ore dall’inizio del Festival.
Mentre in Toscana si compie il passo definitivo verso il suicidio assistito, mentre lo Stato stabilisce chi può vivere e chi è meglio che muoia, Sanremo canta alla mamma. Un paradosso. Da un lato, l’amore incondizionato, il sacrificio, il rifugio sicuro. Dall’altro, il rifiuto della fragilità, la fine imposta come soluzione. Ci si chiede se siamo ancora capaci di capire la differenza tra il valore della vita e la sua mercificazione.
Sul palco dell’Ariston, Simone Cristicchi ha fatto ciò che pochi oggi hanno il coraggio di fare: ha raccontato la verità. “Quando sarai piccola” non è solo una canzone, è un requiem per il mondo moderno, quello che non sa più accudire i suoi vecchi e che preferisce farli sparire. Il suo testo è un pugno nello stomaco: la madre che diventa fragile, che regredisce come un’infanzia al contrario, che perde i ricordi, il nome del figlio, la sua stessa identità. È una ballata struggente, una carezza su una pelle ormai dimenticata. E il pubblico? In piedi, commosso, perché il cuore batte ancora, perché la nostalgia di un mondo più umano si fa sentire.
Anche gli ospiti hanno contribuito a questa celebrazione della vita, prima fra tutti Bianca Balti, che sta combattendo contro il cancro e che ha partecipato a questa edizione per affermare la forza della vita. Questo Festival, nella sua rassicurante conduzione, criticata ma autentica, ci ha mostrato come non servano effetti speciali per raccontare l’autenticità, e come esistano temi la cui comunicazione passa attraverso livelli più alti, emotivi, che arrivano direttamente al cuore.
Forse possiamo considerare anche questo Festival come un regalo di questo anno giubilare, indossando gli occhiali della speranza. Perché finché un uomo salirà su un palco per cantare alla madre, finché una platea si alzerà in piedi con gli occhi lucidi, vorrà dire che c’è ancora spazio per i valori autentici nella nostra società e nel nostro futuro.