45 anni di aborti legali

45 anni di aborti legali e la sofferenza delle donne.

di Andrea Mazzi (*)

«Se lo permette la legge, allora è giusto». Ma molte donne soffrono per questa scelta.

Il 22 maggio ricorrono 45 anni dall’entrata in vigore della Legge 194, che nel 1978 ha reso legale in Italia, entro certi limiti, l’aborto volontario. Ho chiesto ad alcune donne che hanno vissuto questa esperienza quanto avesse influito sulla loro decisione questa legge.

«Ero giovane e, per il mio carattere insicuro, sempre attenta a non trasgredire nessun tipo di legge. Per questo non ho mai avuto la sensazione che l’aborto fosse sbagliato… come può essere sbagliato qualcosa che viene permesso per legge?»


Mi ha detto Alessandra: «Ero giovane e, per il mio carattere insicuro, sempre attenta a non trasgredire nessun tipo di legge. Per questo non ho mai avuto la sensazione che l’aborto fosse sbagliato… come può essere sbagliato qualcosa che viene permesso per legge?»
E Manuela: «Nonostante nel mio cuore sentissi che l’aborto era una scelta sbagliata, il fatto che una legge, voluta dalle donne, lo rendesse legale, in un momento di grande crisi mi ha indotto a credere che quella fosse la soluzione più idonea».
Potrei portare anche le voci di Graziella, di Gabriella, di tante altre raccolte nel mio servizio di sostegno alle mamme in difficoltà. In questa era del “pensiero debole” tante donne hanno abortito ritenendo di fare una cosa giusta, perché consentita dallo Stato.

Nessuno le aveva avvisate che la strada che avevano scelto avrebbe potuto avere conseguenze dolorose anche per loro. E tante tra loro hanno vissuto malesseri, depressione, dipendenze… Avevano detto loro: «Dopo non ci penserai più!», ma oggi il ricordo di quel figlio che non tornerà le accompagna ogni giorno.
Si dice: «È bene che l’aborto sia legale, dato che la donna abortirebbe comunque» invece queste donne ci dicono che la legalizzazione porta ad un incremento degli aborti.  

Ma in realtà una legge da sola non ha la forza di produrre questi effetti. Lo può fare perché la nostra società, la società consumista, è anche la società “dello scarto” (papa Francesco). Per la cultura dello scarto, quando c’è una gravidanza problematica la soluzione non è dare più aiuti alla gestante, farle conservare il posto di lavoro, proteggerla dai familiari che non vogliono quella gravidanza, evitare le colpevolizzazioni così diffuse («potevi starci più attenta!»), ma eliminare il bambino nel grembo. Una “scelta” che oggi è diventata quasi un obbligo sociale. 
Da dove ripartire per un cambiamento? Da queste donne, nuovi poveri del nostro tempo, dal metterci al loro fianco, dar loro voce. Il loro pianto può aiutarci ad uscire dall’indifferenza, a smetterla di essere complici con le nostre parole ed i nostri silenzi, a lottare per una società e per leggi più inclusive.

(*) Animatore generale servizio Famiglia e Vita, Comunità Papa Giovanni XXIII

Articolo pubblicato su “Sempre magazine” numero di maggio-giugno 2023

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