La legge sul testamento biologico e il mancato riconoscimento del diritto all’obiezione
Ormai archiviata la questione del testamento biologico, con l’approvazione e conseguente entrata in vigore della legge conosciuta con l’acronimo di Dat (Disposizioni anticipate di trattamento), dobbiamo capire se e come i medici avranno modo di obiettare, cioè se il testo legislativo preveda la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza. Nel caso di specie, se un medico avrà la possibilità di non sospendere l’idratazione e la nutrizione artificiale del paziente, qualora fosse stato preventivamente richiesto. Prima, però, ricordiamo che questa sospensione costituisce tecnicamente una forma di eutanasia, detta passiva, da non confondere con altre forme di “fine vita” come l’ “eutanasia attiva” o il “suicidio assistito”, e tanto meno con l’ “accanimento terapeutico”, che è condannato anche dalla cultura medica, giuridica e bioetica di ispirazione cattolica, in quanto inutile forma di terapia che non ha più speranza di guarire il paziente ma solo di prolungare inutilmente la sua condizione (si noti: l’idratazione e la nutrizione non sono invece considerate “terapia”).
L’obiezione di coscienza: un diritto non previsto dalla legge. – Fatta questa precisazione, veniamo a noi. I limiti della legge sono noti, e sono stati denunciati più volte dai vescovi (indebolimento dell’alleanza terapeutica medico-paziente; tutela dei medici sollevati dalla responsabilità delle scelte, che sono invece scaricate sui pazienti); ma un altro aspetto, potenzialmente molto grave, è proprio il fatto che non è previsto per i medici, i quali, scientia et conscientia, non se la sentono, di potere non interrompere le cure.
La presa di posizione della Cei e le aperture della Lorenzin. – Il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha però aperto alla possibilità di eventuali modifiche nell’applicazione della legge, anche per le forti prese di posizione, ad esempio, del presidente della Cei, cardinal Bassetti, che ha provocatoriamente prospettato la possibilità della chiusura degli ospedali cattolici. D’altronde, sospetti di incostituzionalità della legge, che, con buona pace di Ippocrate, non dà ai medici la possibilità di assistere il malato fino alla fine, sono stati avanzati anche dai vertici del Cottolengo e dal Centro studi Rosario Livatino.
Simone Ziviani