Aborto post – nascita: a cosa andiamo incontro? Conversazione con la prof.ssa Ariano

Nella società moderna la superficialità ha preso il sopravvento, sottovalutiamo l’importanza del vivere lasciando spazio (seppur inconsapevolmente) al “lasciarsi vivere”, non diamo il giusto peso a ciò che ci circonda e tendiamo a distruggere ciò che non è di nostro gradimento.

La mentalità “usa e getta” non fa riferimento soltanto agli oggetti ma anche alle relazioni interpersonali e addirittura agli esseri umani.

L’aborto è uno dei tanti risultati sociali di questa distruzione di massa e l’idea di unaborto post-nascita è l’ultima follia che ha preso il sopravvento, idee che camminano insieme a chi, forse, ha dimenticato o non ha mai conosciuto l’importanza della persona.Motivo per il quale la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU), mette a capo tra tutti i diritti proprio il diritto alla vita.

Per comprendere meglio il nostro argomento, abbiamo intervistato la prof.ssa Chiara Ariano, docente in diverse Università italiane fra le quali la Pontificia Università Lateranense, dove ricopre cattedre per insegnamenti quali: Biodiritto, Biogiuridica e Logica e Diritto.

Cosa è l’aborto post-nascita?

“L’aborto post-nascita è una procedura medica che ha lo scopo di porre termine alla vita di un neonato. In sostanza ci troviamo dinanzi ad una pratica che afferma l’equivalenza morale e giuridica fra uccidere un feto nel grembo materno ed uccidere un neonato.”

Abbiamo diversi criteri interpretativi per una norma. Nel caso di una legge sull’aborto post-nascita, potremmo parlare di criterio interpretativo logico? 

“No in quanto contraddice la logica del diritto alla vita, del quale tutti – ivi inclusi feti e neonati – sono titolari. Il diritto, infatti, deve rigettare l’idea per la quale può configurarsi legittimo o moralmente rilevante determinare se un essere umano (il neonato in questo caso) e più in generale una persona “in potenza” (come il feto) possieda un diritto alla vita.”

 Esiste una differenza tra l’infanticidio e l’aborto post-nascita? O è solo un modo per camuffare il reato che sta alla base?

“No perché entrambe le pratiche perseguono il medesimo fine, sia dal punto di vista morale che giuridico. Nel caso dell’infanticidio, però, nell’idea dei fautori dell’aborto post-nascita, questo non dovrebbe essere obbligatoriamente disciplinato dalla legge né, tantomeno, richiederebbe necessariamente – per essere perpetrato – l’ausilio di pratiche mediche.”

L’aborto post-nascita è un diritto della madre o un omicidio?

“Ritengo che in nessun caso possa parlarsi di “diritto della madre” atteso che sia il feto che il neonato sono titolari di un diritto alla vita e quindi l’aborto, in quanto tale, si configura sempre come omicidio. L’illiceità morale e giuridica dell’aborto post-nascita non può essere separabile dalla illiceità morale e giuridica dell’aborto.”

Si può pensare ad una legge che punisca chi pratica l’aborto post-nascita?

“Certamente e nel nostro ordinamento già esiste essendo ampiamente compreso nel reato di cui all’art.  578 c.p. ai sensi del quale: “La madre che cagiona la morte del proprio neonato [c.p. 314] immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.”

 L’articolo 1 del codice civile italiano afferma che “la capacità e volontà giuridica si acquista dal momento in cui una persona fisica nasce”; in questo caso dovremmo ammettere che qualcuno ha più diritto di un altro?

“No, in questo caso parlerei più del contrario, ovvero si configura un diritto affievolito a nascere di neonati affetti, ad esempio, da disabilità più o meno gravi.”

Crede che nel nostro paese dopo la legge n.194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, andremo incontro ad una legge a favore dell’aborto post-nascita? 

“Se ciò dovesse avvenire, non credo avverrà in tempi brevi; purtroppo è una deriva nella quale – comunque –  rischiamo di incorrere, attesa infatti la logica utilitaristica che soggiace agli argomenti normativi a favore della liceità dell’aborto medico, nulla osta che tali argomenti possano essere addotti anche a sostegno dell’aborto post-nascita.”

 Ci potrebbe rincuorare, sapere che nel nostro Paese negli ultimi anni, i dati sulle donne che hanno praticato l’aborto sono calati. “Un dato stabile, secondo il ministero della Salute: erano infatti il 69.3% nel 2010 e 2011, il 69.6% nel 2012 e il 70% nel 2013. Le ivg, di contro, sono diminuite in modo significativo nel corso degli anni: nel 1983 erano 233.976; nel 2013 sono più che dimezzate (102.760) e nel 2014 sono scese sotto a 97.535.” Questi dati però, non ci permettono di parlare di una eliminazione dell’aborto, anzi, oggi dobbiamo porci il quesito circa la questione sull’aborto post-nascita. Ma siamo veramente pronti a questa responsabilità?

intervista a cura di Erika Santagati

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