Quel “potere”dei piccoli

di Pino Morandini

Nell’apprendere del pronunciamento della Corte Suprema U.S.A., mi è balzato immediatamente alla memoria il saggio di Vaclav Havel, già Presidente della Repubblica ceca, dal titolo “Il potere dei senza potere”. Quel libro parla di altre categorie di “senza potere”, però, mutatis mutandis, mi pare possa attagliarsi anche al caso di specie.

Com’è noto, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, nel dichiarare che “La Costituzione non conferisce il diritto di aborto”, ha capovolto la sentenza Roe v. Wade del gennaio 1973, la quale sanciva il diritto costituzionale all’aborto negli States.

Si tratta di un overruling assai significativo, storico direi. Perché, in forza del decisum della Suprema Corte U.S.A. «…torna al popolo e ai rappresentanti eletti l’autorità di regolare l’aborto…». Il che significa che ciascuno Stato potrà disciplinare liberamente la materia fino al punto di far vincere davvero la vita, senza la spada di Damocle di possibili impugnatorie di legittimità fondate sull’assioma del diritto all’aborto costituzionalmente protetto.

Ma c’è di più.

È il riconoscimento della fecondità del lavoro per la vita. Che ha sottratto e sottrae all’aborto migliaia di bambini, ponendosi accanto alle loro madri. Che ha generato e genera un prezioso lavoro educativo – culturale, capace di incidere sulle coscienze e talvolta perfino sulla legislazione e sulla giurisprudenza, come la vicenda statunitense insegna.

Un impegno sociale continuo che si fa carico «dell’urgenza di una generale mobilitazione delle coscienze e di un comune sforzo etico per mettere in atto una grande strategia a favore della vita» (Evangelium Vitae, 95).

La molla di tutto questo? A mio avviso, essa è da ravvisarsi in primo luogo nel potere degli innocenti senza potere, così capaci di parlare al cuore dell’uomo nonostante la loro non visibilità. Così capaci di non arrendersi di fronte all’imperante abortismo, così ricco e repressivo, dotato di mezzi economici rilevanti ed influenti, di guru che siedono nelle stanze che contano…

Eppure, gli innocenti, le vittime della storia si rivelano, nonostante tutto ciò, capaci di dissolvere le nebbie che sovente obnubilano il senso dell’esistenza, ogniqualvolta la madre li accoglie, li genera, li sostiene. Ecco i piccoli sono così capaci di contraccambiare il dono della vita da lei ricevuto, donandole speranza nell’esistenza e forza incredibile di fronte ad ogni difficoltà.

In fondo, s’avvera quel che ha già detto il Salmo: «Con la bocca dei bimbi hai svelato la potenza contro i tuoi avversari».

Non s’intende per nulla, così argomentando, negare interessi reali e legittimi, quali il diritto della donna di continuare l’esercizio della sua professione, ecc. ovvero il diritto dell’uomo e della donna di fare carriera, di godere del proprio lavoro, ecc.

Anzi, proprio l’attuale temperie culturale implicitamente (e nemmeno molto implicitamente) struttura siffatti interessi come strutturalmente confliggenti ed antagonisti, mentre non è necessariamente così, anzi.

Ciò premesso è altresì chiaro che non può corrispondere a ragioni di giustizia il far prevalere interessi reali di taluni su diritti fondamentali di altri, il conferire ad un soggetto un diritto potestativo sulla vita di un altro!

I diritti umani, il cui fondamento è per l’appunto il diritto alla vita, appartengono all’essere umano per natura. E lo Stato li deve “riconoscere e garantire”, come del resto prevede la nostra Costituzione (art. 2).

È significativo in proposito che il ricorso alla Corte Suprema statunitense sia stato promosso – cogliendo in tal modo la portata centrale delle questioni in gioco – da un pubblico ufficiale per difendere una legge approvata dal Parlamento del Mississippi.

Ma, più ancora che giuridico e legislativo, a un livello più profondo, il problema è morale, perché attraversa il cuore di ciascuno in quell’intimità in cui la libertà si decide per il bene o per il male.

Nel senso che è lo sguardo che rivolgo all’altro che decide della mia umanità.

È quello sguardo che sovente ha fatto decidere la donna per la vita. È quello sguardo che sperimentiamo nei nostri CAV e MpV, dove la gestante accolta diventa spesso maestra di vita.

Per tutti.

La già citata sentenza della Corte Suprema U.S.A. getta uno squarcio di luce su tutti i pro life del mondo. Non per generare chissà quali illusioni, bensì per sospingerli verso un rinnovato impegno, con la consueta discrezione e umiltà.

Facciamoci tutti carico di quell’impegno. Sono certo che a poco a poco, vedendo un popolo che non si rassegna, le Istituzioni faranno la loro parte.

Ai pro life statunitensi un saluto ricco di gratitudine, unito all’augurio di un costante proficuo lavoro per una nuova cultura della vita.

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