Fine vita, Bassetti (CEI): non si rinunci a idratare e nutrire il malato

Il presidente della Cei a Radio Vaticana: le cure siano proporzionali e non diano luogo alla cultura dello scarto. Garantire l’obiezione di coscienza ai medici e agli ospedali cattolici

“Non è sempre facile stabilire a priori un confine netto che distingua il confine tra accanimento terapeutico ed eutanasia. Per questo diventa necessario stabilire a chi spetti prendere decisioni in quei drammatici frangenti, tenendo insieme la volontà del paziente e il rispetto della coscienza e della competenza del medico. Il cuore di questo discernimento riguarda, dunque, la speciale relazione tra malato e medico e la giusta proporzionalità delle cure, che non può e non deve mai dar luogo a quella cultura dello scarto denunciata con forza dal Santo Padre”.

È un passaggio dell’intervista che il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha rilasciato ad Alessandro Gisotti di Radio Vaticana, in occasione del messaggio per la Giornata mondiale del malato, pubblicato oggi, in cui il Papa ha messo in guarda dal “rischio dell’aziendalismo” che rende un interesse economico anche la cura del malato.

Bassetti nota che già qualche giorno fa lo stesso Papa, parlando all’Accademia per la Vita, aveva sottolineato che “l’accompagnamento responsabile della vita umana, dal suo concepimento e per tutto il suo corso sino alla fine naturale è lavoro di discernimento e intelligenza d’amore per uomini e donne liberi e appassionati, e per pastori non mercenari”. Dunque, il rischio dell’aziendalismo “lo superi quando sai mantenere davanti agli occhi e al cuore il volto della persona sofferente”.

Nessuna svolta del Papa sul fine vite, come qualche giornale ha titolato, bensì parole “che si collocano nel solco della sollecitudine della Chiesa nei confronti dell’uomo, sollecitudine che è sempre stata caratterizzata dal contribuire a rendere più umana possibile la condizione del vivente che muore o del morente che vive”.

Richiesto poi quali sono i punti più rilevanti che ha più a cuore la Cei quando si parla di temi delicati come l’eutanasia, il fine vita e il testamento biologico, Bassetti risponde che “il morire è il luogo nel quale l’essere umano è a contatto con i limiti della propria esistenza: sperimenta la fragilità e il bisogno di affidarsi all’altro, compreso quell’Altro per eccellenza che è il Signore stesso. Questa situazione richiede prossimità di cura e di affetti; fa emergere l’importanza delle cure palliative con cui migliorare la qualità di vita dei pazienti inguaribili. Nel contempo, porta a rifiutare terapie sproporzionate rispetto alle condizioni del paziente e alle sue prospettive di miglioramento. Con questo non si tratta certo di rinunciare a quei gesti essenziali come sono il nutrire, l’idratare, il curare l’igiene della persona”.

Infine, Bassetti nota che “come Cei ci sta a cuore anche che venga riconosciuta – oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico – quella che riguarda le nostre strutture sanitarie”.
Da Avvenire

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