Bando San Camillo: attacco illiberale a un diritto costituzionale

Contro la regione Lazio sia il ministero della salute che l’ordine dei medici di Roma

Molte polemiche si sono levate, in questi giorni, contro il bando della regione Lazio volto ad assumere due medici non obiettori presso l’ospedale San Camillo di Roma. Fin da subito, infatti, più voci hanno fatto notare che una simile disposizione si porrebbe in contrasto con uno dei capisaldi della legge 194/78, cioè il diritto di ginecologi ed anestesisti all’obiezione di coscienza. E’ questo ad esempio il parere del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e quello dell’ordine dei medici di Roma. D’altronde, basta leggere il testo della legge per capire che le critiche al bando, discriminatorio de facto e de jure, sono decisamente fondate. L’articolo 9, infatti, afferma: «Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure […] ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione». (Obiezione, che, ricordiamo, secondo i paragrafi successivi dell’articolo 9 non riguarda le fasi precedenti e successive all’aborto stesso, e che comunque non può mai essere esercitata in caso di pericolo di salute per la madre).

Zingaretti: «Modalità innovative per rendere più efficace la 194». – Dalla regione hanno risposto alle critiche affermando che il diritto all’obiezione non viene attaccato, e che il provvedimento serve solo per garantire efficacemente alle donne il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza: «Dobbiamo affrontare il grande tema della attuazione vera della 194 nei modi tradizionali anche sperimentando forme molto innovative di tutela di una legge dello Stato che altrimenti verrebbe disattesa» (Ansa). «Che altrimenti sarebbe disattesa», dicono quindi dalla regione.

I dati della relazione ministeriale: nessun ostacolo per chi vuole abortire. – Ma è proprio così? Per scoprirlo analizziamo i risultati della relazione ministeriale del dicembre 2016 circa l’attuazione della legge 194: in realtà, nonostante una percentuale di medici obiettori consistente in tutte le regioni (pur con alcune variazioni), non emergono, coerentemente con gli anni precedenti, particolari criticità in ordine alla possibilità di accedere al servizio di IVG. I tempi di attesa sono addirittura in diminuzione, e la mobilità richiesta è minima, ed in linea con quella di altri servizi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale: oltre il 92% delle IVG vengono effettuate nella regione di residenza, e l’87,9% nella provincia di residenza. altri dati della relazione (che potete leggere per intero cliccando qui) indicano che i carichi di lavoro dei medici non obiettori, regione per regione e anche a livello sub-regionale, non sono eccessivi e tanto meno tali da impegnare tutta la sua attività lavorativa: «Infine, valutando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0.4 della Valle d’Aosta e il massimo di 4.7 del Molise». Insomma, numeri alla mano, si può affermare che l’obiezione di coscienza non ostacola in alcun modo la possibilità, per chi lo desidera, di accedere all’IVG.

Simone Ziviani

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