Maternità surrogata e rapporti di filiazione – di Franco Vitale

 

Brevi annotazioni sulla veridicità del rapporto di filiazione e sulla maternità surrogata, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 18 dicembre 2017 n° 272

1) Considerazioni generali

Il principio della tutela della personalità di ogni essere umano è riconosciuto e sancito dall’art. 2 della Costituzione Italiana che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.

Tra questi si colloca il diritto alla propria identità per il quale è essenziale la conoscenza del padre e della madre, cioè dei genitori secondo natura, in particolare necessaria con riguardo alle malattie genetiche.

2) Il riconoscimento del figlio

Il padre e la madre, insieme o separatamente, possono riconoscere come figlio il bambino nato fuori dal matrimonio. Il riconoscimento può avvenire sia dopo il concepimento, che dopo la nascita (art. 254 cod. civ.)

Il rapporto di filiazione deve essere veritiero. L’art. 263 cod. civ. stabilisce che lo status filiationis può essere rimosso con azione giudiziaria per la non veridicità del riconoscimento[1]

3) Con riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale 18.12. 2017, n. 272[2]

3.1.) Il Fatto

All’estero è stato redatto atto di nascita nel quale viene riconosciuto come figlio il bambino, il quale, però, è nato da maternità surrogata.

Il riconoscimento è stato effettuato dai committenti della surrogazione di maternità. L’atto che attribuisce lo stato di figlio è stato trascritto in Italia.

4) La vicenda giudiziaria

Il Tribunale ordinario di Milano, a seguito di impugnazione ex art. 263 cod. civ. da parte del curatore nominato dal Tribunale per i minorenni, ha rilevato la non veridicità del riconoscimento, attesa la maternità in surroga, ed ha escluso il rapporto di filiazione.

Contro la predetta decisione è stato proposto appello alla Corte di Milano.

Il Giudice del gravame ha osservato che l’art. 263 cod. civ. non consente di considerare l’interesse del minore a mantenere l’identità da relazione genitoriale determinatasi con il riconoscimento di filiazione non veritiero e pone il dubbio di legittimità costituzionale.

La norma dell’art. 263 cod. civ. si esporrebbe al vizio di illegittimità costituzionale in quanto nella stessa non si prevede che l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità venga limitata alla sola ipotesi di “rispondenza all’interesse del minore[3].

La Corte di Milano ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale ed ha indicato l’interesse del minore, nato per surrogazione di maternità verificatasi all’estero, a “vedersi riconosciuto e mantenuto uno stato di filiazione” che corrisponda “alle sue esigenze di vita”.

Con precedenti pronunzie la Consulta (sentenze n. 112 del 1997; n. 216 del 1997; n. 170 del 1999 ed ordinanza n. 7 del 2012) aveva ritenuto che, per “il principio di ordine superiore che ogni falsa apparenza di stato deve cadere”, il minore ha diritto ad avere “uno stato corrispondente alla realtà biologica” e che, pertanto, la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 263 cod. civ. era infondata.

Secondo il Giudice milanese, invece, la norma in esame esclude il diritto inviolabile del minore a non essere privato del nome, dell’identità personale e di conservare lo status filiationis attribuito da chi ha fatto il riconoscimento; ed insiste perché si dichiari che l’impugnazione ex art. 263 cod. civ. può essere accolta solo nel caso che sia rispondente all’interesse del minore a mantenere “uno stato di filiazione quanto più rispondente alle sue esigenze di vita”.

Il Giudice Costituzionale, pur ammettendo “un accentuato favore dell’ordinamento per la conformità dello status alla realtà della procreazione”, non ritiene, però, che “l’accertamento della verità biologica e genetica dell’individuo” abbia “un valore di rilevanza costituzionale assoluta”, e, perciò, non si sottrae al bilanciamento con l’altro suddetto del minore.

Tuttavia l’ammissibilità del bilanciamento non comporta “l’automatica cancellazione” del principio dell’accertamento della verità dello status di filiazione. Pertanto, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità dell’art. 263 cod. civ., stabilendo che il Giudice in tema di “impugnazione del riconoscimento del figlio naturale concepito tramite la maternità surrogata è sempre tenuto ad effettuare una valutazione comparativa tra interesse alla verità e interesse del minore[4].

Si annota che, secondo la Consulta, nella predetta valutazione comparativa devesi considerare “l’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale[5].

5) Maternità surrogata, remunerata o gratuita

Sul disvalore della surrogazione di maternità si rassegnano alcune considerazioni in sintonia con il giudizio espresso dalla Corte Costituzionale.

Sussiste tesi, richiamata anche dalla Corte milanese nel rimettere alla Consulta la questione di incostituzionalità dell’art. 263 cod. civ., secondo la quale il divieto di maternità surrogata, previsto e generalmente sanzionato dall’art. 12, comma 6, della Legge n. 40 del 2004, appare in contrasto con la Costituzione, ove lo si applichi alle gravidanze in surroga offerte per relazione “solidaristica”.

La maternità surrogata in tali casi non sarebbe lesiva della dignità della donna, mentre il divieto dovrebbe valere solo per le ipotesi in cui vi sia erogazione di somme, contrattualmente previste, dal committente alla donna che concede l’utero in affitto.

Contro tale argomentare devesi osservare:

A) La dignità della donna, nella surroga di maternità per solidarietà verso chi non può avere figli, viene lesa da una gravidanza che non raggiunge la vera e completa maternità.

A colei che offre il grembo si nega il figlio e, perciò, si esclude l’essere madre, che è lo scopo vero della gestazione. La donna che ha ceduto l’utero, anche se per una relazione di solidarietà, rimane uno strumento.

L’essere madre è uno dei supremi valori dell’umanità, e del nostro ordinamento giuridico; ma nella maternità surrogata non vi è la madre: non è madre la gestante in surroga, come sopra rilevato, e la c.d. madre intenzionale non è la mamma di quel bambino nato per cessione dell’utero, è solo uno dei soggetti di un rapporto che, nella surrogazione “solidaristica”, si vuole avvalorare giuridicamente per l’intento di donazione.

B) La surroga di maternità, anche se si attua per solidarietà, porta ad una grave menomazione del nuovo essere umano che viene alla luce con detto procedimento. È accertato scientificamente che durante la gravidanza, dopo l’impianto in utero dell’embrione, si verificano molteplici rapporti tra madre gestante e nascituro.

Il feto è “una persona: sente, ricorda, sogna, prova dolore e piacere. Ha desideri …”; la scienza mostra “lo scambio sensoriale e affettivo madre – figlio[6].

Subito dopo la nascita il bambino ha in sé tutto quello che gli ha dato la madre; il periodo di gravidanza è tempo di formazione della sua personalità[7], ed in particolare la sua identità si determina anche per quel rapporto intimo, ma così intenso, tra il bimbo in grembo e la mamma gestante.

Il bambino, tolto dalla donna che lo ha tenuto nel seno, protetto, nutrito, aiutato, curato e poi ceduto, non potrà che subire un trauma tale da compromettere la sua personalità, su cui verrà ad incidere lo spezzarsi ed il venir meno di quella identità che sin dall’impianto in utero si mutua da colei che per nove mesi lo porta in grembo e gli consente di nascere.

C) Il problema della maternità surrogata “solidaristica” e del suo ingresso nel nostro ordinamento, non va trattato basandosi sul criterio del “prevalente interesse del minore[8], perché ogni considerazione del predetto interesse può trarsi ex post, e cioè quando si è già approvata ed attuata la gestazione in surroga.

Il prevalente interesse del minore, fondato sulla responsabilità genitoriale, si verifica successivamente allo svolgersi della gravidanza in surroga.

L’ammissibilità della surrogazione di maternità solidaristica si pone come un prius: si considera, però, solo l’intento di donazione a favore del soggetto che chiede il figlio.

L’interesse del minore viene dopo la gestazione e non lo si può assumere a criterio di convalida della pratica qui avversata.

6) In conclusione, è bene richiamare decisamente il divieto di procedere alle gestazioni in surroga, sia remunerate che gratuite, stabilito con sanzione penale dall’art. 12, comma 6, della Legge n. 40 del 2004.

Nel contempo si evidenzia che la giurisprudenza della Corte Costituzionale è contraria alla metodica della maternità surrogata.

Con la sentenza n. 102 del 10 giugno 2014 la Consulta al punto 9 esprimeva un severo giudizio, affermando che “la cosiddetta surrogazione di maternità” è “espressamente vietata dall’art. 12, comma 6, della Legge n. 40 del 2004”; e precisava in modo chiaro che la norma penale predetta “in nessun modo” era “incisa dalla pronuncia sulla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”, e che, quindi, conservava “pienamente validità ed efficacia[9].

Nella sentenza qui in esame, al punto 4.2 del Considerato in diritto, gravissima è la valutazione del Giudice Costituzionale a riguardo della pratica della maternità surrogata: la stessa è vietata perché “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane[10].

Franco Vitale

© riproduzione riservata


[1] Cfr. L. Balestra, La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità alla luce della riforma della filiazione, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 2014, 1223 e segg.

[2] Corte Costituzionale, sentenza n. 272 del 18.12.2017, in Diritto di Famiglia e delle Persone, 2018, 1, pag. 15 e segg.

[3] Si precisa che quanto, nel paragrafo n. 4, è scritto in corsivo, è ripreso dalla sentenza n. 272/2017 della Consulta.

[4] Cfr. Massima rilevata dalla rivista giuridica Il Diritto di Famiglia e delle Persone, 2018, 1, pag. 15.

[5] Vedasi nota n. 3: corsivo ripreso dalla sent. N. 272/2017 della Consulta.

[6] Cfr. Bellieni, L’alba dell’io, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2004, pagg. 10-11; pagg. 13-21.

[7] Cfr. Leonardo Ancona, Impianto e sviluppo della personalità, in Vita prenatale e sviluppo della personalità, a cura di S. Astrei e A. Bevere, Cantagalli editore, 2003, pag. 21 e segg.

[8] Cfr. V. Scalisi, La maternità surrogata: come “Far cose con regola” in Rivista di Diritto Civile, 2017, 5, 1097 e segg.; in particolare pag. 1108 e segg.

[9] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 10 giugno 2014 n. 162, in Europa e diritto privato, 2014, 3, pag. 1110.

[10] Corte Cost. sent. n. 172/2017, in Diritto di Famiglia e delle Persone, 2018, pag. 42.

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