Prosegue il dibattito sulle Dat: aumenta il rischio di deriva eutanasiaca

Distinzioni terminologiche: alcuni casi di fine vita

Mentre prosegue l’iter parlamentare della legge sul testamento biologico (Dat: disposizioni anticipate di trattamento) si concretizza sempre di più il rischio, come vitanews.org sta spiegando sin dall’inizio del dibattito, che dalle camere esca una legge che apra la strada, o addirittura inserisca direttamente nel nostro sistema legislativo, delle norme eutanasiache. Per comprendere la portata del rischio facciamo attenzione alla terminologia specifica: l’ eutanasia, che può essere attiva od omissiva, non è direttamente nominata nella legge sul testamento biologico. Il suicidio assistito (quello messo in pratica da due italiani in Svizzera nelle settimane scorse, tanto per capirci) è un’altra cosa ancora, da non confondere con le altre situazioni. Nel primo caso il paziente viene sottoposto ad un trattamento letale (di solito tramite l’iniezione di un farmaco) se si ha eutanasia attiva; oppure, nella sua versione passiva, si attua la sospensione di un trattamento necessario alla sopravvivenza dell’individuo (anche alimentazione o idratazione artificiale). Nel caso del suicidio assistito, invece, il paziente si somministra la sostanza letale da solo, col sostegno medico e amministrativo fornito da strutture specializzate.

La discussione sul testamento biologico

In teoria la legge in discussione in Italia, come detto, non prevederebbe la regolamentazione dell’eutanasia (che non viene mai nominata), e tanto meno del suicidio assistito; bensì, tra le altre cose, la possibilità per i maggiorenni di lasciare indicazioni di consenso o rifiuto di certe scelte terapeutiche, nel caso di un’eventuale impossibilità futura di autodeterminarsi da parte del soggetto. Ma è chiaro che se tra le disposizioni ci fosse, ad esempio, quella di sospendere l’alimentazione artificiale, avremmo, in base alle definizioni fornite sopra, una vera forma di eutanasia inserita nell’ordinamento. Tra l’altro- e questo è uno dei punti focali del dibatitto- per i medici non è prevista l’obiezione di coscienza, neanche se quanto disposto dal paziente lo portasse alla morte. Tra l’altro-sottolineiamolo con forza- non tutti i medici, scientia et conscientia, approvano le disposizioni: questo ne è un esempio

Gigi (MpV): non votiamo una legge che apre all’eutanasia

Così Gianluigi Gigli, deputato e presidente del Movimento per la vita, anche in ordine alla mancanza di diritto all’obiezione: «Togliere idratazione e nutrizione nei casi in cui esse siano somministrate in modo appropriato e proporzionato equivale (…) ad aver deciso di affrettare la morte di un paziente che non stava morendo. Cosa faremo dunque con l’obiezione di coscienza di Ospedali come il Policlinico Gemelli, il Bambino Gesù, l’Opera di Padre Pio, ma anche di strutture che assistono disabili come il Cottolengo? Saranno tutte messe fuori legge?». E ancora, sugli sviluppi più recenti del dibattito in corso: «Continuiamo a ritenere che (…) la sospensione di idratazione e nutrizione costituisca una richiesta di suicidio assistito o di eutanasia omissiva. Per questo è stato impossibile dare voto favorevole all’art. 1» Inoltre, ha aggiunto Gigli, è molto probabile che l’apertura all’eutanasia passiva (sospensione dell’alimentazione) funga da grimaldello per arrivare poi ad una legge successiva volta ad introdurre l’eutanasia attiva: «Alla prima applicazione, vedendo morire in modo molto disumano un paziente per denutrizione e disidratazione, sarà difficile contestare la maggiore umanità di una fiala letale».

Simone Ziviani

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