Giornata mondiale Sindrome di Down: continuate a benedire il tempo

Sono passati ormai diversi anni dalla prima “Giornata Mondiale delle Persone con sindrome di Down”. Anche nel nostro paese, da anni, si è deciso di prestare attenzione a questa categoria di persone segnate dalla fragilità in modo più esplicito, più immediato se volete, rispetto al resto dei sedicenti forti. La trisomia 21 è una sovrabbondanza, in ogni caso! E’ un dono difficile da curare e custodire è vero, ma è anche un dono prezioso, una ricchezza che purtroppo viene ancora incompresa, che resta sconosciuta. Alla quale spesso non viene data una possibilità, la si abortisce, schiacciati dal peso della paura e sovente soffocati dall’abbraccio tirannico dell’ideologia efficentista ed edonista che caratterizza cinica la nostra sempre più distopica Europa!

Quando il prof. Turpin, nel 1951 propose al giovane laureando in medicina Jerome Lejeune, di collaborare con i suoi studi sulla patologia che il britannico John Langdon Down, quasi un secolo prima chiamava “idiozia mongoloide”, non poteva certo immaginare quale regalo stesso facendo alla comunità scientifica mondiale. In soli otto anni di ricerca Lejeune sfatò tutti i miti e i pregiudizi intorno alla malattia, che si riteneva ad esempio causata da genitori alcolisti o sifilitici, e mostrò come in realtà la mutazione genetica non era dovuta ad un cambio “qualitativo” del corredo genetico, bensì da un cambio”quantitativo”: l’eccesso o il difetto di alcune proporzioni del codice genetico.

Lejeune superava, con argomentazioni rigorosamente scientifiche, l’ideologia  sub-umanista ancora latente, restituendo dignitá ai suoi amati pazienti, e allo stesso tempo iniziava a cercare una terapia preventiva. In Francia (sempre all’avanguardia) gli abortisi intanto presentavano  la legge “Peyret”, con la quale si intendeva leggittimare la soppressione dei feti affetti dalla patologia in questione!

Si provò a strumentalizzare anche i suoi studi. Questo suscitò nel servo di Dio (perché è in corso la causa di beatificazione di questo medico, pensate voi) una reazione fortissima, che si tradusse in un discorso accesso, pieno di verità e passione per la professione medica, la missione della cura della vita, fatto davanti all’Organizzazione Nazioni Unite. La sua posizione drasticamente anti-abortista, la sua difesa del diritto alla vita dei down, gli costò il premio Nobel, ma fece di lui un uomo libero, un medico autentico, un santo dei nostri giorni!

Lascia perplessi e amareggiati considerare come in tanti paesi europei l’ideologia eugenetica, che nasconde logiche puramente economiche, riesca a pervertire parole come “compassione”, “etica”, “diritto alla qualità della vita”, per legittimare un delitto perverso come l’eliminazione sistematica dei bambini non nati, che potrebbero essere affetti da trisomia 21.

In Danimarca già nel 2014 sono nati solo 2 bambini down , e solo grazie all’ostinato amore di due genitori responsabili e maturi, e altri 32 a causa di un “errore diagnostico”. Una diagnosi indesiderata infatti, in questo civilissimo paese, nella hit parade dell’avanguardia culturale occidentale, significa nel 99% dei casi una condanna a morte per il bimbo. Il quotidiano danese “Berlingske” , ancora prima, addirittura nel 2012, sventolava la notizia che entro il 2030 in Danimarca non ”nasceranno più bambini down” (questo il titolo).

Come?

“Il problema è che eliminare l’imperfezione è impossibile e così si usa un linguaggio fuorviante per far sembrare che la malattia sarà debellata. In realtà non c’è nessuna scoperta medica che elimini la trisomia 21. Semplicemente verranno abortiti tutti i bambini down. La realtà è che per eliminare la malattia si uccide l’uomo. E questo è un controsenso”.

Oggi potremmo dire che questo non è precisamente un “contro senso”, ma è piuttosto, “contro il senso”! La ricerca di un modello antropologico “perfetto”, racconta l’inquietante vittoria culturale di un nazismo che è finito solo a parole. Una vittoria che si manifesta a partire dalla perversione ideologica del linguaggio e dall’incapicitá generale di riconoscere come atrocitá cioè che viene fatto passare per “necessitá morale” e “senso etico”, come ebbe a dire quell’altro illustre luminare dell’eugenetica che è il biologo inglese Richard Dawkins, che in un tweet risolveva il dramma di una giovane donna scrivendo:

“Abortisci e riprova. Sarebbe immorale metterlo al mondo visto che hai la possibilitá di abortire.”

E’ proprio cosí. Basta il tweet del luminare ed è risolto il problema.

Perché possiamo dircelo con franchezza, sono in tanti a credere che Dawkins sotto sotto abbia ragione. Anche se certo, la forma forse…

Certamente lo credeva quella coppia omosessuale che è ha ordinato un bimbo, il piccolo Gammy, con la pratica aberrante dell’utero in affitto, a una povera donna thailandese, per rispondere a quel loro desiderio insopprimibile di paternità, che a quanto pare basta per fondare un  presunto “diritto alla paternità”. Salvo poi ripensarci una volta ricevuta la notizia che il bimbo era uscito fuori con la sopracitata sovrabbondanza. Era down. E così cara thailandese, tu l’hai fatto, e tu te lo tieni. Perché il nostro desiderio/diritto si limita ad avere un figlio sano, sai? E’ un diritto. Abbiate pazienza.

Ci auguriamo che questa festa di oggi sia davvero un riconoscimento globale della richezza che esprime una vita cosí speciale e delicata!

Quella di chi nasce figlio della sovrabbondanza!

E speriamo, e preghiamo, che non sia mai, la festa di oggi, un altro paradigma perfetto dell’ipocrisia che caratterizza il nazismo rosa dei nostri giorni.

Siate benvenuti in questa terra che ci ospita,fratelli della sovrabbondanza, per offrirci una possibilità di bellezza e carità. Che le vostre manine accarezzino il grigio cupo di tante esistenze di “perfetti frustrati” e indichino loro un cammino di dolcezza, e di attenzione, e che il vostro meraviglioso sorriso, continui a benedire il tempo del mondo. La nostra unica possibilità di senso, in barba ad ogni stupida, stupidissima, arbitraria idea di qualità!

Auguri a voi, e che il buon Dio ci renda umani!

Simone E. Tropea

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