Eutanasia e fine vita, Marwa: la storia che scuote la Francia

Il caso della piccola Marwa Bouchenafa, una bambina di appena 20 mesi la cui vita è appesa a un filo dallo scorso settembre, sta dividendo l’opinione pubblica francese su un tema particolarmente complesso e drammatico, che nelle settimane passate era tornato alla ribalta anche in Italia: l’eutanasia e la legislazione sul tema del fine vita.

Vi presentiamo la sua storia: lo scorso settembre Marwa contrae un’infezione virale gravissima, che le arreca danni neurologici così pesanti da porla in condizione di non essere autonoma nell’alimentazione e nella respirazione. Danni che- secondo i medici- sarebbero irreversibili. A questo punto, all’ospedale di Marsiglia, dove la bimba è ricoverata, decidono di sospendere le terapie, che per i medici rappresentano una forma di accanimento terapeutico, e lasciarla così morire. Ma i genitori non ci stanno: vogliono aggrapparsi alla speranza che qualcosa possa succedere, che un miglioramento possa esserci. Quelli che per i medici sono <<riflessi incondizionati>> ai loro occhi appaiono come segni di una parziale ripresa di coscienza (piange, si muove in presenza della sorella gemella ecc).

Genitori contro medici: le cure devono essere sospese?

La questione, data l’ambiguità della legge francese sul fine vita, detta <<Claeys-Leonetti>> , passa così alla magistratura. E se il tribunale di I grado dà ragione ai medici di Marsiglia, i giudici amministrativi, a febbraio, accolgono invece la richiesta della famiglia: Marwa deve vivere, le cure devono proseguire. Nel frattempo i genitori, grazie ai social-network, hanno mobilitato l’opinione pubblica, che ha risposto in massa: la pagina Fb <<Jamais sans Marwa>>, dalla quale il padre lancia costanti aggiornamenti sulla situazione della bambina, conta oltre 130mila contatti, ed anche grazie a questa zona d’incontro virtuale, è promossa una raccolta fondi per le spese legali della famiglia (circa 8000 euro raccolti) e una raccolta firme in favore del proseguimento delle cure, che al momento ha quasi raggiunto quota 300mila adesioni.

Il consiglio di stato ha deciso: Marwa deve vivere.

E’ di ieri, 8 marzo, la notizia che il più alto tribunale francese, il consiglio di stato, ha confermato la sentenza del tribunale amministrativo. Secondo i media francesi i giudici avrebbero riconosciuto che la mancanza di autonomia non è requisito sufficiente per provocare il decesso del malato (ovvero per affermare che i trattamenti sono ingiustificati, che è poi la stessa cosa, perchè una sarebbe stata conseguenza dell’altra e la bimba sarebbe stata lasciata morire); confermando quindi in un certo senso quanto già affermato dal tribunale amministrativo, quando aveva sostenuto che i tempi non erano maturi per <<valutare, in maniera certa, l’inefficacia della terapia in corso e il consolidamento dello stato di salute della bambina>> e ribadito l’importanza del parere dei genitori.

Presto anche in Italia una legge sul fine vita?

Se da un lato ci rallegriamo per la decisione dei giudici, grazie alla quale la bimba continuerà a essere curata (tra l’altro, dai video postati on-line dal padre, la bambina sembra essere migliorata rispetto a settembre, ma questo ovviamente è un parere dello scrivente e non è e non vuole essere un giudizio medico) ci preoccupa il fatto che la legge sul trattamento di fine vita attualmente in discussione in Italia (DAT) è simile a quello francese, e quindi molto presto anche da noi potrebbe essere deciso per decreto quali vite sono degne di essere vissute e quali no. Ricordiamo che se non fosse stato per la battaglia mediatica e giudiziaria dei genitori, che hanno voluto amare la figlia anche se malata, avrebbe prevalso la decisione dei medici dell’ospedale di Marsiglia (infatti nei casi dubbi, salvo ulteriori ricorsi, in Francia prevale il parere dei medici su quello dei familiari).

Simone Ziviani

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